il governo sudanese ha accettato l'estensione della missione di peacekeeping dell'Unione africana (Ua), ma deve essre considerato solo il primo passo, da solo non può in nessun modo fermare il genocidio in atto.
“La popolazione del Darfur ha bisogno subito delle forze di pace dell'Onu” ha dichiarato Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International. “L'accettazione dell'estensione della missione dell'Ua non e' una concessione particolarmente rilevante, ma il minimo indispensabile di quello che dovrebbe essere fatto per proteggere i civili del Darfur. In ogni caso, le forze dell'Ua devono essere sostituite al più presto da quelle dell'Onu, dotate di un forte mandato”.
“Il governo sudanese ha fatto giochi politici per troppo tempo e per questi giochi hanno pagato, con la propria vita, uomini donne e bambini del Darfur” ha aggiunto Khan. “La comunità internazionale non può accettare compromessi quando si tratta di diritti umani. I diritti dei civili del Darfur non possono essere oggetto di mercanteggiamento per permettere sotterfugi politici. L'estensione del mandato dell'Amis non assolve in alcun modo la comunità internazionale dal dovere di continuare a premere sul Sudan perche' accetti la presenza della forza di pace dell'Onu”.
L’Onu ha approvato il 31 agosto l’invio in Darfur di ventimila Caschi blu destinati a sostituire i poco efficaci caschi verdi dell’Unione Africana attualmente presenti nella regione.
La risoluzione 1706, però, pone una condizione voluta da Russia e Cina: il governo sudanese deve dare il suo assenso prima che la nuova forza possa essere schierata.
E il governo sudanese, come era facile prevedere, il suo assenso si rifiuta di darlo.
Nascono da questo diniego e dal massacro che continua le pressioni sempre più forti che vengono esercitate su Omar al-Bashir, al punto che la Rice ha minacciato «misure unilaterali» se Karthoum non rinuncerà al suo veto.”Il tempo sta per scadere”ha affermato venerdi scorso il Segretario di Stato americano.
Intanto il governo sudanese sta bombardando indiscriminatamente i villaggi del nord del Darfur come ci riferisce Massimo Alberizzi sul Corriere.
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