28 aprile 2008

Pallottaggio tra i pequenitos

Appello del Papa per Somalia, Darfur e Burundi

Le notizie che giungono da alcuni Paesi africani continuano a essere motivo di profonda sofferenza e viva preoccupazione. Vi chiedo di non dimenticare queste tragiche vicende e i fratelli e le sorelle che vi sono coinvolti! Vi chiedo di pregare per loro e di farvi loro voce!

In Somalia, specialmente a Mogadiscio, aspri scontri armati rendono sempre più drammatica la situazione umanitaria di quella cara popolazione, da troppi anni oppressa sotto il peso della brutalità e della miseria.

Il Darfur, nonostante qualche momentaneo spiraglio, rimane una tragedia senza fine per centinaia di migliaia di persone indifese e abbandonate a sé stesse.

Infine il Burundi. Dopo i bombardamenti dei giorni scorsi che hanno colpito e terrorizzato gli abitanti della capitale Bujumbura e raggiunto anche la sede della Nunziatura Apostolica, e di fronte al rischio di una nuova guerra civile, invito tutte le parti in causa a riprendere senza indugio la via del dialogo e della riconciliazione.

Confido che le Autorità politiche locali, i responsabili della comunità internazionale e ogni persona di buona volontà non tralasceranno sforzi per far cessare la violenza e onorare gli impegni presi, in modo da porre solide fondamenta alla pace e allo sviluppo.

Affidiamo le nostre intenzioni a Maria, Regina dell'Africa. [leggi tutto]

15 aprile 2008

Solo 135.578 voti per la vita

Gli italiani hanno dichiarato che non si fa partito sull’aborto. Ma la pillola Ru486, il testamento biologico, i protocolli applicativi della legge 194 e le linee guida della legge 40 sulla fecondazione artificiale saranno tra i primi temi con cui il governo dovrà misurarsi e su cui, in Parlamento, un cospicuo corpo trasversale darà battaglia. Insomma, i temi etici possono essere tenuti fuori dalla campagna elettorale, ma non dall’attività del governo e del Parlamento. Inorno alla vita maltrattata non si fa politica elettorale nel modo da noi scelto, ma si dovranno prendere decisioni dure e difficili. Speriamo buone decisioni e buone leggi. [leggi tutto]

10 aprile 2008

Deformazione femminile... della Tornabuoni

di Marina Corradi

La gravidanza come deformazione, imbruttimento. Il corpo, come dice la Tornabuoni, 'deformato'. Sinistro, questo aggettivo pronunciato con noncuranza, perchè sembra non riconoscere più in quel ventre gonfio il segno di cui è portatore: la vita, il principio di una vita, la meraviglia di un altro figlio che nasce. Nei paesi, nelle strade, ancora oggi in Italia la gente semplice, e soprattutto i vecchi, se ti incrociano quando sei incinta ti sorridono, chiedono quando nascerà, si rallegrano come se quel figlio un po’ li riguardasse. Ed è vero, un figlio che nasce riguarda tutti. E' ricchezza, e stupore. Ma, siamo capaci ancora di questo sguardo? Non è, un figlio, oppressione e femminile destino di condanna, come una certa vulgata veterofemminista ha sottinteso per decenni. Avere un figlio, portarselo per nove mesi addosso, è splendido.

Disturba, che la ragazzina di Juno istintivamente lo scelga, inorridita da una triste clinica d’aborti. Perch? si mette contro la corrente, va contromano rispetto a ciò che 'è giusto', e quasi obbligatorio, pensare e fare. E' 'giusto' fare sesso a quattordici anni, ma è un’assurda disgrazia se si resta incinte.

Da rimediare con una pillola che avveleni l’intruso, o con un corretto aborto. I figli, si fanno dopo i trentacinque, quando si è fatta carriera.

Se poi non arrivano, ci si danna in un’odissea di provette, perchè quel figlio che un tempo era un inciampo ora è dolorosa ansia, e pretesa. L’adolescente che semplicemente quel bambino lo fa nascere, irrita. Povero corpo di fanciulla deformato. [leggi tutto]

09 aprile 2008

Un fiore per Paola, mamma coraggio

di Antonino D’Anna




In questi giorni preelettorali in cui la commedia politica ha ormai disgustato un Paese intero, con prese di posizione su questo e quello, lettere e sparate varie, mentre ci si straccia le vesti sulla legge 194 trasformata in feticcio che nessuno deve osare toccare ad alcun costo e gente “pro life” si prende le uova in piazza, c’è una piccola grande storia d’amore per la vita che dovrebbe invitare tutti a riflettere. Perché mai come in questi mesi abbiamo visto un assalto alla dignità ed alla sacralità dei piccoli e dei deboli, senza che qualcuno – salvo il Papa - abbia preso con forza posizione per loro.

Vogliamo allora portare un fiore a “Mamma Coraggio”, Paola Breda. Una donna di Pieve di Soligo (Tv) morta a 38 anni lunedì scorso per un tumore al seno, scoperto al sesto mese di gravidanza, che non aveva voluto curare per salvaguardare la salute del bimbo che aspettava. Lascia altri due figli e un marito, più una lezione di amore per tutti noi. Come Santa Gianna Beretta Molla, canonizzata da Giovanni Paolo II nel 2004: anche lei, incinta dell’ultimo figlio, non volle curare il tumore all’utero di cui soffriva pur di salvare la vita della figlia, Gianna Emanuela.

Raccontare questo, ricordarlo qui non è fare un’agiografia di queste due madri. Il punto è che il messaggio resta uguale e viene da entrambe: c’è un’Italia, là fuori, che nonostante sondaggi e delicate analisi continua a lavorare duro, amare e difendere la vita. Anche a costo della propria. Un’Italia che non scade nel piagnone “tengo famiglia” ma nella dignità della vita di tutti i giorni che sa farsi eroismo, dai sacrifici per arrivare a fine mese fino alle morti bianche e quella di Paola. È l’Italia di mamme, papà, famiglie e dei bambini che umilmente, ogni giorno, permette a tutti l’esistenza di questa società, gente umile e coraggiosa oltre ogni limite.

È segno che non tutto è perduto, in questo Paese annoiato. E nel dolore di una famiglia, queste poche righe valgano una carezza, se possibile.

08 aprile 2008

Ferrara stasera a "Porta a porta"

Tratto da Il Foglio

...Parlando con i giornalisti ha detto: "La mia non è una lista ideologica. E' una lista pratica che cerca di trovare finanziamenti perché nascano più bambini. In Italia non nascono più bambini a sufficienza per costruire il futuro. L'ideologia fa dell'aborto un feticcio ma, fatta salva la scelta libera delle donne, una volta liberi bisogna esercitare la responsabilità, battendosi senza quartiere contro il dilagare dell'aborto, inteso come controllo delle nascite che è contro la stessa legge 194 che invece è la legge di tutela sociale della maternità. Tutti fanno ideologia in questa campagna elettorale su cose banali come "Tu mi hai copiato il programma", "tu sei più vecchio di me", "le schede sono fatte male"; io pongo una questione pratica: difendiamo e promuoviamo la vita umana in un'epoca in cui viene disumanizzata". Alla domanda se la "lista pazza" sia monotematica, Ferrara ha spiegato che fare una lista di scopo "vuol dire fare una cosa nuova. Votate al Senato il vostro partito di governo ma alla Camera avete la possibilità di dire una cosa che abbia un qualche significato. Quando saremo eletti promuoveremo la cultura della vita". Ferrara ha anche parlato della necessità di "un piano nazionale per la vita" cui dovrebbe essere destinato lo 0,5 per cento del Pil. "In Occidente – ha continuato – un miliardo di aborti negli ultimi trent'anni, vuol dire un aborto al secondo, 50 milioni l'anno. Vuol dire che abiamo sostituito la cura della malattia con l'eliminazione del malato".

03 aprile 2008

Bologna e tg contro la vita

Il direttore del Foglio si è buttato da un paio di mesi in politica lanciando la sua lista "Aborto, no grazie" che evidentemente fa una gran paura, se è vero che neanche può parlare. Eppure il suo è solo e soltanto un inno alla vita; è "per", non "contro". L'argomento fa così tremare noi "moderni" che viene continuamente censurato: ieri dalla piazza principale di Bologna, ma quotidianamente anche dai nostri cuori, dalle nostre teste, dai nostri governanti, dai nostri giornali, dalle nostre tivù. Fa scandalo Ferrara: e scandalo è una parola greca che vuol dire una pietra su una strada, un inciampo. Un impedimento a quello che vorremmo. L'inciampo nel cammino alla verità è una forma di menzogna, si chiama preconcetto: uno si è già fatto, si è già fabbricato il suo parere su di lui. Ferrara non deve parlare di aborto. Stop. Che tristezza!

Dicevamo della tivù. Dal 6 febbraio 2008 al 26 marzo 2008 (quindi 49 giorni, centinaia di telegiornali) sapete lo spazio che ha avuto Giuliano Ferrara negli otto principali tg d'Italia? (Tg1, Tg2, Tg3, Rainews, Tg4, Tg5, Studio Aperto e La 7)
114 secondi, cioè 1 minuto e 54 secondi. Nulla. "Boselli il piagnone" di secondi ne ha avuti 2845, cioè 24 volte più di Giulianone. Secondo voi, il Partito Socialista Italiano prenderà 24 volte i voti di Ferrara? Cioè, se Ferrara prenderà (esempio) 200mila voti, Boselli ne prenderà 4milioni e 800mila?
Vado avanti: De Vita premier ha avuto a disposizione 1283 secondi, Fiore 636, D'Angeli 527, Riboldi 520 , Montanari 433, Ferrando 307, De Luca 146. Sorpresa (per modo di dire): Ferrara è proprio fanalino di coda.

Ribadisco: questa è censura bella e buona. Vergognosa. E' Ferrara l'unico vero censurato d'Italia. In questo Paese che parla e sparla di tutto, è rimasto tabù solo l'aborto, cioè l'uccisione legalizzata di un qualcuno. E una volta anche tu che stai leggendo queste righe eri un qualcuno indifeso. Potevano farti fuori. Grazie al cielo i tuoi genitori non l'hanno fatto. Ci fa male dirci queste cose, lo so; ma è la realtà. La verità.

Durante la contestazione Giuliano Ferrara non si scompone, parla delle «donne che sono costrette ad abortire perché sono lasciate sole dal loro uomo e dalla società: chiedetelo a loro se abortire è una libertà o se è una schiavitù sociale». Ai manifestanti dice: «Andate a vedere il film Juno, dove c’è una splendida eroina materna». Ma non mancano gli strali: «Avete mai manifestato contro la strage delle bambine in Cina? No — tuona Ferrara — perché fate solo le cose conformiste. Vi hanno spiegato che l’aborto è moderno, ma è una cosa squallida, miserabile?».

«Questa non è democrazia, mi si impedisce di parlare – è stato commento di Ferrara, costretto a lasciare la piazza sotto scorta -. Domani sarete su tutti i giornali, contenti? Avete contestato il comizio ma non siete a riusciti a impedirci di parlare a Bologna».

“Sono qui con un uovo marcio sul taschino della giacca di velluto chiaro”, dirà Giuliano Ferrara pochi minuti prima di arrivare ad Imola, quell’uovo che a Bologna, sorridendo, aveva definito “una medaglia”.

«Sapevo che Bologna era una città difficile, dura — dice Ferrara —, è la città dove è stato ucciso Marco Biagi del resto, è una città dura. E conosco fior di intellettuali progressisti che abitavano in piazza Verdi e negli ultimi anni hanno traslocato perché non apprezzavano chi la frequentava e come la città era amministrata».

Ferrara alle contestazione ci ha fatto il callo: «Finché non degenera — dice —, la contestazione è lecita. Io parlerei volentieri con quelle persone, anche per ore, se si calmassero e si mettessero a sedere per discuterne con me».

Ferrara nega che parlare in piazza Maggiore sia stata una provocazione, una sfida: «Ho parlato dappertutto, e anche a Firenze ero stato contestato duramente. Ma siamo in campagna elettorale, avrò il diritto di parlare, esporre le mie idee?». Però la contestazione era stata annunciata: «Certo, me lo aspettavo, piazza Maggiore è una piazza difficile, che fa da calamita per questo tipo di contestazioni».
Ma il giornalista rivendica di avere vinto la sfida con i contestatori: «E’ molto importante precisarlo, Matilde Leonardi, Giovanni Salizzioni e io abbiamo parlato. Ho potuto parlare per mezz’ora esporre le mie idee nonostante la contestazione e i fischi. Donne? Io ho visto tanti, tanti maschietti». “Vi piace che ogni anno nel mondo ci siano 50 milioni di aborti? A me no! L’aborto è maschio, come voi che contestate”, dirà a fine giornata Ferrara.

Sembra di essere tornati indietro di trent’anni: stessa piazza, stessi slogan, stessi scontri, in gran parte anche stessa gente. Come in un’immensa macchina del tempo dove gli eterni replicanti di se stessi devono individuare il Nemico, il Cattivo, l’Orco, contro cui sfogare la propria rabbia e la propria intolleranza. Ovviamente, «democratica e antifascista», ça va sans dire.
Succede a Bologna, piazza Maggiore ieri pomeriggio. Dove Giuliano Ferrara ha in programma il suo comizio per presentare la lista sulla moratoria dell’aborto. Succede di tutto: bottiglie lanciate verso il palco, uova all’indirizzo di Giuliano, lattine usate come una sorta di tiro a segno da Luna Park, durissime contestazioni, cariche della polizia, Ferrara scortato all’uscita dagli agenti perché possa lasciare incolume piazza Maggiore.
Lui, Giuliano, un po’ se l’aspettava. E l’aveva raccontato ridendo anche l’altra sera a Enrico Mentana che lo intervistava a Matrix: «Domani sono a Bologna, dove so che mi aspettano... Ho anche chiamato Cofferati...». E quel «so che mi aspettano» era solo il preannuncio dell’ennesima contestazione nella campagna elettorale, dove la parziale riabilitazione di Berlusconi ha privato del Nemico quelli che hanno voglia sempre e comunque di menare le mani e di battere le lingue. E quindi si sono dovuti reinventare un nuovo Cattivo, un nuovo Orco.
E chi poteva essere il nuovo Nemico, il nuovo Cattivo, il nuovo Orco? A Genova qualcuno dei centri sociali ha tirato pietre a Francesco Storace e a Mario Borghezio, altrove c’è chi pensa che Daniela Santanchè sia la reincarnazione di Crudelia Demon, solo più elegante e spietata, ma l’unico che può aspirare davvero al titolo di Supercattivo della campagna elettorale, contestato dalle Alpi alle Piramidi, quasi a ogni comizio, è Giuliano Ferrara.

Quei ragazzi urlanti, quei lanciatori di bombe-macchia, somigliano terribilmente alle tifoserie calcistiche agguerrite: in grado di farci scappare il morto, ma incapaci di spiegare cosa cavolo stanno fancendo.
La violenza, sempre latente in una società umana, così come sempre latente nell’animo umano, non riesce più ad essere trattenuta, ma non sa trovarsi una ragione per scatenarsi. Così cerca occasioni, pretesti che non macerano un fine nascosto, ma nascondono l’inesistenza di un fine (per quanto bislacco o demenziale).
Quest’anno va di moda celebrare una finta rivoluzione di quaranta anni fa. Un gorgoglio borghesuccio che in Italia (ma anche in Germania e Francia) produsse rutti terroristici, al servizio di una guerra di cui non comprendevano neanche i contorni. Si celebra, così, il falso racconto di una falsa storia, lecchinando anche qualche falso protagonista e mettendo nel conto qualche tardiva, e ridicola, rivisitazione. Ma non si considera che l’avere bruciato un paio di generazioni nella combustione ideologica ha generato un successivo periodo in cui le ceneri hanno soffocato anche le idee. Così il poliziotto muore perché assaltato allo stadio, i tifosi si minacciano negli autogrill e un gruppo di cretinetti pensano di promuovere la libertà bersagliando il comizio di una minoranza.
Per queste ragioni la giornata bolognese ci riguarda tutti, e non possiamo cavarcela solo con il rito della superficialità.

“E’ inaccettabile che una piazza venga trasformata nel luogo dell’intolleranza. Tutti devono essere in condizione di poter sostenere pubblicamente le proprie tesi e le proprie opinioni e a nessuno deve essere impedito di parlare. Trasformare la campagna elettorale da confronto tra le idee in scontro è una responsabilità grave che si assumono tutti coloro che praticano intolleranza. Non condividere un’idea non deve mai diventare azione ostile contro chi la sostiene. Per questo quello che è capitato oggi a Bologna è un danno oggettivo per la città e la sua storia di democrazia e di tolleranza”. Così in serata il sindaco di Bologna Sergio Cofferati. La contestazione è stata organizzata dai centri sociali Tpo, Vag 61, Crash e XM24. Ora il sindaco farà seguire alle parole i fatti e prenderà provvedimenti contro i responsabili? Ovviamente no.

"La coraggiosa e nobile battaglia che Giuliano Ferrara combatte, del tutto disinteressatamente sull'aborto, va evidentemente a colpire in profondita'. Non si comprenderebbe, altrimenti, l'odio e la violenza cieca che si sta scatenando contro di lui". Lo afferma il leghista Mario Borghezio a proposito delle contestazioni a Bologna nei confronti di Giuliani Ferrara. "Resta comunque da rilevare -aggiunge Borghezio- che, forse, e' meglio per qualcuno che i ragazzi dei centri sociali si scaglino contro Ferrara, ma non contro i camerieri politici del vero potere".

01 aprile 2008

Del libero arbitrio: Veltroni, Berlusconi e la vita


di Matteo Dellanoce

Il relativismo che si maschera oggi sotto la parola democratico, come ieri il comunismo, pone al centro del suo modello antropologico il motto “vietato vietare” e –conseguentemente- di fronte ad obiezioni di tipo etico si ricollega al diritto inalienabile degli individui di ricorrere al libero arbitrio.

Ma tale sottigliezza linguistica nonché semantica non è sufficiente a nascondere la menzogna culturale sottesa al modello di riferimento, ovverosia che la libertà coincida appunto con il libero arbitrio.

La prima differenza sta nel fatto alquanto evidente che il libero arbitrio è un dono della natura umana, mentre la libertà è figlia di aspre ed eroiche conquiste.

La seconda differenza riconosce la libertà -che San Paolo nelle sue predicazioni indicava come libertà dal male (Romani 6, 18)- figlia dell’uso virtuoso del libero arbitrio, contrastabile solo dall’inganno e dalla menzogna, oggi identificabile nella manipolazione mass-mediatica.

La deriva ideologica veltroniana tecnocratico-risorgimentale, che trasferisce il diritto dalla persona allo Stato e da questo al mondo della finanza globale nel nome del libero arbitrio, si scontra oggi con l’utopia berlusconiana, che fa della libertà di autorealizzazione economica l’orizzonte di riferimento della vita dell’uomo, rimanendo alquanto ondivaga sulla questione di fondo, cioè il rapporto vita-libertà, nel nome di una anarchia etica che non dà certezze sul futuro e che rischia di trasformare un’utopia in una ideologia.

Da un totalitarismo sociologicamente compassionevole ad un altro economicamente centrato? Il futuro potrebbe perciò portare con sé il rischio di ridicolizzare e svuotare di senso la libertà, che invece è continua, paziente e concreta battaglia per la creazione di un mondo in cui il potere umano sia minimale, in cui a tutti sia dato il modo di realizzarsi, autenticamente e non sulla pelle degli altri; che –ancora- necessita di essere continuamente nutrita dalla speranza, quindi dalla linfa della vita e non dalla morte.

In questo scenario e secondo queste premesse sul fondamento della “nobiltà” dell’uomo-persona per la politica, le nostre coscienze non possono esimersi dall’essere scosse, interrogate, stimolate ed anche punte dallo sforzo e dalla sfida di Ferrara, il cui essere generalmente inviso altro non è se non un segnale di conferma. Sappiamo pensare e credere che la Vita sia centro unificatore e stabilizzatore di una comunità? Se la risposta è affermativa, tale “provocazione” merita di essere colta e valorizzata con il voto, al fine di evitare che le ideologie e le utopie si fondano, rendendo la libertà e la vita una merce di scambio.
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