22 febbraio 2008

Sagrada Familia

«In tutta la sua vita non ha mai scritto un libro, ha trasmesso tutto ai discepoli e i discepoli poi lo hanno imitato. Diceva che gli uomini non creano niente. L’uomo può solamente scoprire, dentro la natura, ciò che può fare. L’ultima frase di Gaudí fu: "Un piccolo contributo dato alle parole di Dio". L’uomo può dare il suo contributo, ma non può creare»

«C’era un unico spazio, nella Sagrada Familia, ultimato da Gaudì prima della morte, ed è stato distrutto nella guerra civile spagnola. Vi erano nascosti tutti i disegni, perciò ora non abbiamo più nessun originale. Mi hanno chiesto di restaurare questa parte e l’ho fatto. Ho realizzato una
scultura di 52 centimetri, che raffigura una persona con una bomba»

Di Etsuro Sotoo

Sono circa trent'anni che lavoro alla Sagrada Familia. Ho studiato in una scuola pubblica di Kyoto, nel mio Giappone. Dopo l'università ho insegnato per un anno, ma desideravo venire in Europa perché sapevo che qui c'erano le vere pietre; volevo conoscere l'anima delle pietre. Così mi sono imbattuto nella Sagrada Familia. Trent'anni fa non si capiva se la stessero costruendo o distruggendo. Trent'anni fa c'erano solo dieci operai, ora siamo in duecento e arrivano due milioni e mezzo di visitatori ogni anno.
Quando ho cominciato a lavorare alla cattedrale volevo conoscere il progetto di Gaudí. Per prima cosa ho realizzato le gemme di piante, per rendere l'idea che questo edificio, di 175 metri d'altezza, sarebbe ancora cresciuto. Tuttavia non sapevo dove mettere le foglie.

Secondo i miei calcoli la parte finale di una colonna aveva lo spessore di un centimetro. Una pietra spessa un centimetro è molto debole, non dura più di cento o duecento anni. Mi domandavo allora perché Gaudí avesse pensato a una struttura così debole. Per realizzare le foglie bisognava fare i calcoli, ma dove andavano collocate? Ci ho riflettuto a lungo, anche perché non c'erano indicazioni lasciate dal grande architetto. Un giorno pensai che mettendo una scultura in un punto debole l'avrei rafforzato. Quindi ho collocato le foglie nei punti più sottili della pietra. Così facendo, mi è sembrato di incontrare Gaudí per la prima volta. Ho pensato che intendesse realizzare strutture deboli pensando di rafforzarle con una scultura.

In seguito ho messo vicino al rosone duecento pietre scolpite a forma di frutto. Non riuscivo, però, a capirne il significato. Non c'era materiale scritto! Mi chiesi perché dovessero esserci frutti e foglie sopra le grandi vetrate. Al di là dei rosoni e delle vetrate, nella chiesa, si pronunciano parole come "Dio" e "Bibbia". Cosa c'entrano i frutti?

Nessuno me lo sapeva spiegare. Il mio essere giapponese mi è stato d'aiuto, perché nella nostra lingua "parola" si scrive con due ideogrammi che significano rispettivamente "foglia" e "che dice, che parla". Se scrivo "sto parlando" è come se scrivessi "sto dicendo foglie". Ecco svelato il significato: le migliaia di foglie sono le parole di Dio e le nostre anime sono i frutti che maturano nel tempo. Il nostro corpo può disgregarsi, ma l'anima è destinata al Paradiso. Questo è simboleggiato dai frutti, realizzati in vetro di Murano e pesanti quindici tonnellate ciascuno. I frutti della primavera sono sulla parte orientale, dove sorge il sole, mentre sulla parte occidentale sono collocati i frutti autunnali. Gaudí voleva dire che l'uomo ascolta molte parole e legge molti libri, quindi coltiva i frutti, riesce a far maturare i frutti. Nessuno aveva capito che le foglie rappresentavano le parole. All'inizio del Vangelo secondo Giovanni si legge: «In principio era il Verbo», il verbo, la parola, ha energia, quella forza che permette all'uomo di realizzare la propria vita. Perché Gaudí cercava di trasmettere messaggi con elementi naturali come frutti o foglie? In tutta la sua vita non ha mai scritto un libro, ha trasmesso tutto ai discepoli e i discepoli poi lo hanno imitato. Diceva che gli uomini non creano niente. L'uomo può solamente scoprire, dentro la natura, ciò che può fare. L'ultima frase di Gaudí fu: «Un piccolo contributo dato alle parole di Dio».

L'uomo può dare il suo contributo, ma non può creare. Molti mi chiedono: «Dove sono le tue sculture?». Ne ho realizzate tante, in Giappone e in Spagna, al di fuori della Sagrada Familia, ma sono tutte opere che provengono da ciò che ho imparato da Gaudí. Io non ho niente di originale e, se anche Gaudí ha imparato dalla natura, cosa c'è di originale in Gaudí? Eppure tutti visitiamo la Sagrada Familia, tutti andiamo a vedere i monumenti di Gaudí, colui che considerava il suo lavoro come un piccolo contributo alla creazione divina. Noi pensiamo che l'uomo possa creare qualunque cosa, ma non è vero. Abbiamo smesso di imparare dalla natura e questo ci conduce alla rovina.
Gaudí era un architetto. Per lungo tempo l'architettura si è contrapposta alla legge di gravità, grazie alla quale possiamo stare seduti. Se non ci fosse, galleggeremmo nell'aria. Quindi la gravità è una grande forza, eppure si pensava che l'architettura ne fosse disturbata. Gaudí diceva, invece, che il vero problema è la mancanza d'intelligenza nell'architetto.


Ci sono edifici che stanno in piedi grazie alla gravità e altri che la gravità tenta di distruggere.
Le Twin Towers di New York erano alte trecento metri e, subito dopo la loro distruzione, c'era già il progetto per un albergo alto trecento metri. Invece Gaudí con la Sagrada Familia si è fermato a un'altezza di 175 metri, perché di fianco c'è una collina di 180 metri. Gaudí non voleva costruire un edificio più alto di ciò che Dio aveva costruito.

Questa è saggezza. La scienza progredisce in modo ordinato, ma non dobbiamo dimenticarci del cuore, ossia dell'umiltà. Sarà l'umiltà a proteggere l'uomo e la razza umana.

Diceva Gaudí: «Se volete fare un buon lavoro dovete avere prima di tutto l'amore, e poi la tecnologia, l'abilità». Non c'è prima la techne, l'abilità, la competenza e poi i soldi; prima di tutto, all'inizio, ci deve essere l'amore, che è assoluto.

Poi vengono la tecnologia e i soldi. Se volete fare un buon lavoro dovete avere amore. Se si osserva la pianta della Sagrada Familia si nota che la distanza tra le colonne è di 7,5 metri. Si pensava, in Catalogna come in Giappone e in Italia, che un passo umano misurasse 75 centimetri. Dieci passi sono 7,5 metri: questo costituisce un modulo. Il doppio sono 15 metri, come l'altezza minima delle colonne. Le colonne più alte misurano 22,5 metri, cioè tre volte il modulo di 7,5 metri, e il tetto è sette volte il modulo: 52 metri. Quindi la Sagrada Familia è costruita in base a moduli di 7,5 metri ciascuno. Ci sono 90 metri dall'ingresso fino in fondo, cioè dodici volte 7,5 metri.
Gaudí ha usato questo sistema come linguaggio architettonico, ma non ha mai dimenticato il cuore.

C'era un unico spazio, nella Sagrada Familia, ultimato da Gaudí prima della morte, ed è stato distrutto nella guerra civile spagnola. Vi erano nascosti tutti i disegni, perciò ora non abbiamo più nessun originale. Mi hanno chiesto di restaurare questa parte e l'ho fatto. Ho realizzato una scultura di 52 centimetri, che raffigura una persona con una bomba. A causa di quella bomba morirono venti persone. Gaudí sosteneva che l'uomo non è perfetto, ma con l'umiltà e l'amore si può salvare dalla distruzione. Aveva detto: «Vorrei che, quando farai esplodere la bomba, tu vedessi Dio». Il messaggio di Gaudí è il seguente: quando una persona è sicura di avere completamente ragione, è in quel momento che il diavolo si insinua in lei. È questo il terrorismo: la completa sicurezza di se stessi.

13 febbraio 2008

Pressioni su Cina da Spielberg e Save Darfur

LOS ANGELES/WASHINGTON (Reuters) - Il regista e premio Oscar Steven Spielberg si è dimesso da consigliere artistico delle Olimpiadi 2008 di Pechino in polemica con la politica della Cina sul conflitto in Darfur.
"Ho deciso di annunciare formalmente la fine del mio impegno come uno dei consulenti artistici stranieri per la cerimonia di apertura e di chiusura dei Giochi Olimpici di Pechino", ha spiegato il cineasta in un comunicato, "Il governo del Sudan ha la maggior parte della responsabilità di questi crimini in corso ma la Comunità internazionale, e in particolare la Cina, dovrebbe fare di più per mettere fine alle sofferenze" sopportate dagli abitanti del Darfur.
"Ritengo che la mia coscienza non mi consenta di continuare come se nulla fosse", ha detto Spielberg in un comunicato diffuso ieri sera "A questo punto, il mio tempo e la mia energia devono essere spesi non per le cerimonie olimpiche, ma per fare tutto quel che posso per contribuire a porre fine agli indicibili crimini contro l'umanità che continuano in Darfur", ha aggiunto il regista.
Nel frattempo, un gruppo composto da vincitori del premio Nobel ha inviato una lettera al presidente cinese Hu Jintao per chiedere di fare pressione sul Sudan – alleato di Pechino – affinché interrompa le atrocità nella regione. Come partner economico-militare e membro del Consiglio di Sicurezza Onu, scrivono, “la Cina, che ospiterà le prossime Olimpiadi, ha l’opportunità e la responsabilità di contribuire per la pace in Darfur”.
La Cina è accusata di coprire diplomaticamente il regime di Khartoum, che si oppone all'invio di una forza di pace internazionale in Darfur.
Pechino si è sempre opposta, ponendo anche il veto, ad ogni intervento della comunità internazionale nella regione: qui, sostiene, è in corso una ribellione di cui si deve fare carico il governo legittimamente eletto.
Negli ultimi 6 anni Pechino è stato il principale sostenitore del governo sudanese, comprando il 70% delle esportazioni di Khartoum e vendendo armi e forniture militari. Il Sudan è il Paese estero in cui la Cina ha maggiori investimenti; circa 10mila cinesi lavorano nel paese. La Cina ha investito 1,6 milioni di miliardi di euro in Sudan, costruendo pozzi petroliferi, 600 km di oleodotti, raffinerie e porti.
Ad aprile, Spielberg aveva scritto al presidente cinese Hu Jintao per protestare contro il coinvolgimento della Cina in Sudan e chiedere un incontro, ma non aveva ottenuto risposta.
L'ambasciata cinese non ha per il momento commentato la notizia. Ma a gennaio il quotidiano del partito comunista cinese, e il ministero degli Esteri di Pechino, avevano detto che la Cina non accetterà pressioni da parte di gruppi che cercano di usare le Olimpiadi 2008 per far cambiare la politica del paese.

'Italians for Darfur' ha ricordato che la Cina, almeno a parole, si e' impegnata a intervenire per fermare le violenze in Darfur. Pechino ha sempre dato sostegno al Sudan, Paese da cui ottiene petrolio, ma ora pur di evitare che le prossime Olimpiadi siano l'occasione per rimproverarle complicita' nella guerra in Darfur, potrebbe assumere un impegno piu' forte nei confronti della comunita' internazionale". 'Italians for Darfur' e l'associazione dei rifugiati darfuriani in Italia hanno manifestato a Roma e Milano, in contemporanea con altre 20 citta' del mondo, nell'ambito della giornata di mobilitazione per il Darfur promossa dalla Save Darfur Coalition. per chiedere alla Cina di "usare l'influenza politica ed economica che esercita sul Sudan per giungere al piu' presto alla fine del conflitto", come si legge in una nota dell'associazione italiana. Inoltre, continua il comunicato, "si chiede al governo cinese di rilanciare la missione dell'inviato speciale per il Darfur, Lui Giujin, che a maggio, pur non ottenendo risultati immediati, aveva avviato un dialogo con i vertici di Khartum". Volontari italiani e rifugiati, che indossavano t-shirt con lo slogan ''Stop blood in Darfur'', hanno distribuito, materiale informativo sul conflitto e una lettera aperta indirizzata agli ambasciatori di Cina e Sudan vicino alle sedi diplomatiche dei due paesi.
Inoltre, il 24 febbraio, data vicina all'anniversario dell'inizio del conflitto, all'Auditorium Parco della musica di Roma si svolgera' un evento, a apartire dalle 18, cui parteciperanno, tra gli altri, Monica Guerritore, Fiorella Mannoia e Mariella Nava. Alla serata hanno aderito Amnesty, la Tavola della Pace, la Comunita' ebraica e l'Unione giovani ebrei d'Italia