25 dicembre 2008

11 dicembre 2008

Presa in giro universale dei diritti dell'uomo

Di Fausto Carioti

L'assemblea dell'Onu è controllata dal G77, il gruppo di 130 Paesi ritenuti “in via di sviluppo”, che comprende l’intero “Who’s who” delle peggiori dittature del pianeta: Iran, Siria, Pakistan, Corea del Nord, Cuba… Queste nazioni rappresentano la larghissima maggioranza dei membri dell’organizzazione e, votando in blocco, tengono in pugno l’assemblea. La posizione di leadership nel G77 appartiene agli stati arabo-musulmani, che hanno così un mezzo efficace per orientare a loro favore qualunque decisione debba essere presa a maggioranza.

E questo spiega pure perché il curriculum in materia di diritti umani dell'Onu sia così aberrante. Anche lasciando perdere le patologie del sistema, che certo non sono eccezioni (chessò: gli stupri dei caschi blu in Congo e Sudan), gli organismi dell'Onu riescono a fare schifo anche quando si muovono secondo le regole. Tipo la Commissione Onu per i diritti umani, che come scrisse il New York Times era composta da «alcuni dei regimi del modo più impegnati a violare questi diritti» (tanto che ha dovuto dichiarare fallimento per indegnità politica e morale nel 2006), la cui unica unica preoccupazione era quella di condannare Israele qualunque cosa facesse. Oppure la Commissione per lo Status delle Donne, tra i cui membri figurano stati islamici nei quali la lapidazione delle adultere, le mutilazioni genitali femminili e il divieto alle donne di guidare un’automobile sono prassi corrente.

O, ancora, la Unfpa (United nation population fund), l’agenzia Onu che ha per scopo la diffusione del controllo delle nascite. Dispone di un bilancio da 6 miliardi di dollari, con il quale interviene in 140 Paesi. Gli Stati Uniti le tolsero i finanziamenti dopo che questa aveva appoggiato la politica cinese di riduzione delle nascite. Politica che il libro "Contro il cristianesimo - L’Onu e l’Unione europea come nuova ideologia", scritto da Eugenia Roccella, Lucetta Scaraffia e Assuntina Morresi, descrive così: «Dopo il primo figlio alla donna viene imposto l’inserimento di uno Iud, Intra uterine device (la spirale, ndr), e, se rimane ancora incinta, è costretta ad abortire». Per chi sgarra sono previsti «distruzione della casa, totale isolamento sociale, talvolta uccisione dei neonati; più spesso i bambini nati contro la legge sono sottratti alle famiglie e abbandonati negli orfanotrofi». Di tutto questo, ricorda il libro, la Unfpa è stata complice: ha «fortemente contribuito a finanziare la politica coercitiva cinese, le ha garantito supporti tecnici e ha collaborato fornendo le proprie competenze, per esempio nell’organizzazione e nell’analisi dei dati. Ma, peggio di tutto, non ha mai denunciato i responsabili di questa gigantesca violazione dei diritti umani, anzi li ha coperti fin quando è stato possibile».[leggi tutto]

05 dicembre 2008

Non si combatte l’handicap eliminando i disabili

“le metodologie sulla salute riproduttiva, di cui agli artt.23/b e 25/a della Convenzione, possono dare adito all'applicazione dell'aborto selettivo, promuovendo la contraccezione abortiva, le limitazioni delle nascite, l’irresponsabilità nei rapporti sessuali, le sterilizzazioni. Tutte misure che offendono la dignità della persona”.

“Inoltre – ha continuato Previte – la pianificazione familiare, come contemplata dalla ‘Convenzione’, è in netto contrasto con l’articolo 10 dove ‘viene garantito il diritto inalienabile alla vita’, con l'articolo 15 ‘dove nessuno dovrà essere sottoposto ad esperimenti medici scientifici’ e con l'articolo 16 dove si protegge ‘ogni forma di sfruttamento, violenza od abuso’”.

“Se non si rifiutano esplicitamente pratiche quali l’aborto, la sterilizzazione e l’eutanasia – ha sottolineato – potrebbe verificarsi la possibilità che tutti i disabili, specie quelli psichici potrebbero correre il rischio di essere sterilizzati o subire forme di eutanasia onde frenare la diffusione di handicap genetici. Così ci troveremmo di fronte alla negazione del diritto alla vita, un diritto fondamentale dell'umanità”.[leggi tutto]

04 dicembre 2008

Ennesima calunnia mediatica contro la Chiesa

Di cosa stiamo parlando? Di una bufala giornalistica basata sul no della Chiesa riguardo un documento che nessuno di noi in realtà ha mai letto.

La dichiarazione per la “depenalizzazione universale dell’omosessualità” che la Francia – a nome dell’Ue – presenterà all’Onu il 10 dicembre prossimo.

Quindi forse sarebbe meglio parlarne quando tutti potranno effettivamente constatare quello che la dichiarazione dice, a quel punto non sarebbe più possibile sostenere la bufala che i media anticattolici stanno portando avanti in questi gioni.

Purtroppo però i nemici della Chiesa hanno preso la palla al balzo facendo leva proprio su questo fatto e cioè che finchè la dichiarazione non viene resa pubblica la Chiesa può essere infamata facendo credere ciò che effettivamente non è.

Da qui il compito (di cattolici e non) di prendere con le molle tali accuse infamanti, cercando di capire dai frammenti del documento riportati quali siano i punti che la Chiesa non può assolutamente condividere tanto da non averlo voluto sottoscrivere.

La dichiarazione “per la depenalizzazione universale dell’omosessualità” comprende tredici punti, solo uno dei quali è la condanna delle esecuzioni e delle torture, assieme a molto altro. Non era necessario un documento concepito come una somma di temi diversi che si possono prestare ad ambiguità. C’è, tradotta nel solito gergo delle burocrazie internazionali euro-onusiane, la presa di posizione contro la “discriminazione, l’esclusione, la stigmatizzazione e il pregiudizio” antiomosessuale. Che ciascuno, teme il Vaticano, potrà tradurre come vorrà. In Svezia, in nome di un’analoga risoluzione approvata in Europa, un sacerdote è stato rinviato a giudizio dopo un’omelia critica nei confronti dell’omosessualità. La proposta Sarkozy, in altre parole, identifica omosessualità ed omosessuali, sostenendo che non si può essere contro l’omosessualità ma non contro gli omosessuali o, al contrario, che chiunque è contro l’omosessualità è anche contro gli omosessuali. Questa è invece la posizione della Chiesa e anche di tante persone che adoperano semplicemente la ragione. Si può sostenere che l’omosessualità è un “disordine”, come disse Benedetto XVI, e contemporaneamente affermare che gli omosessuali hanno tutta la dignità della persona umana e come tali meritano rispetto. L’omosessualità non è l’unico disordine perché tutti noi ne portiamo e sopportiamo qualcuno. Non è il disordine più grave. Ma è un disordine ed è doveroso per tutti non trasformare un disordine in un ordine. L’omosessualità non va quindi promossa o insegnata come una scelta sessuale indifferente, la coppia omosessuale non va equiparata giuridicamente alla famiglia tradizionale e non deve essere possibile per coppie gay adottare bambini. Ciò non contrasta con il chiedere rispetto per gli omosessuali e, dal punto di vista cristiano, con l’amarli come fratelli.

Nel 1986, da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger scriveva nella lettera ai vescovi della chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali: “Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni”.

Purtroppo però la dichiarazione che arriverà non inciderà dove l’omosessualità è perseguita, mentre i veri destinatari del documento diventeranno i paesi dove atti persecutori potranno essere considerati, di volta in volta, l’ostacolo alle adozioni o il mancato riconoscimento delle nozze per le coppie gay.

Gli Stati che non riconoscono l’unione tra persone dello stesso sesso come ‘matrimonio’ verranno messi alla gogna e fatti oggetto di pressioni”. Queste perplessità non sembrano affatto infondate, a leggere il testo integrale della dichiarazione proposta dalla Francia. Alla ovvia condanna della negazione di basilari diritti umani si affiancano le solite, ambigue formulazioni fatte apposta per introdurre associazioni arbitrarie. Commetterà “violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali” il paese che non ammette il matrimonio gay? Sarà “discriminazione” da sanzionare l’opinione non “corretta” sull’omosessualità? Una volta lanciata, la dichiarazione francese nulla cambierà in Iran o in Egitto. Ma in altri contesti, per nulla persecutori contro i gay, la si potrà usare come una clava ideologica.

Quando si dice che tutti gli orientamenti sessuali devono essere considerati esattamente sullo stesso piano, si commette un gravissimo errore, si parla sempre di «orientamento sessuale» senza mai aver definito l’espressione, che in pratica potrebbe essere applicata anche ad altri orientamenti. Non bisogna infatti dimenticare che in Olanda esiste ufficialmente un partito dei pedofili.


Vogliamo approvare una dichiarazione che consideri tutti gli orientamenti sessuali sullo stesso piano? Anche l’orientamento del partito olandese? Pensiamoci bene.