Come è noto, in campo sanitario vige il principio del “consenso informato”, in base al quale il paziente decide se e fino a quando sottoporsi ad un determinato trattamento medico nel momento in cui si pone la necessità (o quanto meno l’utilità) del trattamento stesso.
Secondo i criteri introdotti dalla Corte di Cassazione sarebbe invece da ritenere non solo che il “consenso” all’interruzione di un trattamento indispensabile per il mantenimento in vita possa considerarsi validamente espresso anche se intervenuto molto tempo prima del sopraggiungere dello stato di incoscienza, ma addirittura che sia possibile desumere tale consenso da elementi tutt’altro che oggettivi, quali la personalità e lo stile di vita.
Il che significa aprire il varco, in sede giudiziaria, ad interpretazioni soggettive dalle quali tuttavia dipendono la vita o la morte delle persone.
Da quanto emerge dallo stesso decreto della Corte d’Appello, prima di cadere in stato d’incoscienza Eluana non ha mai espresso il proprio “consenso preventivo” all’interruzione di un trattamento sanitario che le consentisse il mantenimento in vita qualora si fosse trovata in stato vegetativo (a prescindere da qualsiasi rilievo circa la validità di tale ipotetico “consenso”).
Gli elementi in base ai quali si è ricostruita l’ipotetica volontà di Eluana di non “essere curata per nulla nell’evenienza di uno stato di totale immobilità fisio-psichica” sono rappresentati da alcuni commenti che la stessa aveva espresso in occasione di gravi incidenti occorsi ad amici e ad altre persone, nonché “la straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà”. Il che francamente non può non far rabbrividire. [leggi tutto]
1 commento:
Si, probabilmente lo e
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