A Mosul la situazione non migliora, come invece a Baghdad. È evidente che le forze della coalizione, guidate dagli Usa, hanno cominciato a “ripulire” il Paese dal sud, dove forti sono le influenze di Iran e Siria: Basra, Ramadi, Baquba e Baghdad. Man mano che procedevano gli Usa, i terroristi si sono spostati a nord, concentrandosi a Mosul. In questo modo l’America si è assicurata che i terroristi non vadano oltre, senza doversi scontrarsi con i curdi, alleati di Washington. Ma a questo punto la domanda urgente da porsi è: riusciranno mai a ripulire Mosul? Al momento non sembra ci sia una vero e proprio piano d’azione per normalizzare la città, ormai abbandonata a se stessa.
A Mosul la persecuzione religiosa è più evidente ed accentuata che altrove perché la città è divisa su linee appunto di appartenenza religiosa. A differenza di Kirkuk, che è divisa per linee etniche: qui curdi, turcomanni e arabi si contendono i cristiani e cercano di portarli dalla loro parte in diversi modi. A Mosul la divisione tra cristiani e musulmani è molto più netta. Di questa guerra è inutile dire che soffriamo tutti, al di là dell’appartenenza religiosa, ma sta di fatto che i cristiani a Mosul vengono messi ancora davanti a scelte ben precise, oltre alla fuga: la conversione all’islam; il pagamento della jizya - la tassa di "compensazione" chiesta dal Corano ai sudditi non-musulmani; o la morte. I responsabili di tali azioni e intimidazioni sono i terroristi, ma anche gruppi di semplici criminali che si approfittano dell’Islam per trovare modo di arricchirsi. Intanto a Mosul sono rimasti un terzo dei cristiani.
Questo piano è in atto anche nel resto dell’Iraq: medici, avvocati, professori, giornalisti sono presi nel mirino degli attentati. Il progetto è ideato da chi gestisce la politica internazionale e dai Paesi vicini all’Iraq. Nessuno di loro vuole un Iraq libero e indipendente, perché sarebbe troppo forte: possedevamo, infatti, una grande forza intellettuale ed economica insieme. Tenendo il paese debole e diviso lo si domina meglio.
Tratto da un intervista di Asianews a Monsignor Raho nel novembre 2007
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