In realtà il Vaticano II ebbe un senso pastorale non dogmatico. La Chiesa volle riflettere sui modi nuovi per annunciare Cristo al mondo moderno, non per cambiare il suo Credo. A più riprese sia Paolo VI che Giovanni Paolo II si sono opposti alla devastante interpretazione che contrappone il Vaticano II a tutti gli altri Concili, perché segnerebbe la fine del cattolicesimo. Il documento attuale richiama questi interventi pontifici e il Concilio stesso. Cita in particolare Giovanni XXIII, oggi a sproposito trasformato in bandiera progressista. In realtà Papa Roncalli, aprendo il Vaticano II, affermò che “il Concilio vuole trasmettere pura e integra la dottrina cattolica, senza attenuazioni o travisamenti” e si tratta di “dottrina certa e immutabile”.
Anche Paolo VI, promulgando la Costituzione conciliare Lumen Gentium, dichiarava: “questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti”.
Il tesoro della Chiesa infatti è il suo “depositum fidei”, la rivelazione portata da Cristo, Dio fatto uomo, e il compito assoluto dei pastori è conservare quel “deposito”. Non possono disporne a piacimento o cambiarlo, ma devono custodirlo intatto a costo della propria stessa vita. [leggi tutto]
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