24 luglio 2007

Obblighi senza reciprocità


I Cus, ipotesi bislacca. Un atto a senso unico

Dai Dico ai Cus (Contratti di Unione Solidale) cambia il nome ma
non la sostanza: proprio mentre si afferma di voler eliminare le
discriminazioni verso i conviventi, in realtà la vera
discriminazione colpisce i coniugi. Infatti essi si assumono dei
doveri inderogabili, la cui trasgressione è sanzionata, talora
anche penalmente.

Per esempio gli obblighi di curarsi reciprocamente, di educare il
figlio anche se è «solo» del coniuge e non è proprio, di
contribuire alle necessità della famiglia, di versare gli
alimenti in caso di separazione o di divorzio, di coabitare.
Per limitarci solo all'obbligo di coabitazione, i coniugi non
possono lasciarsi da un momento all'altro senza conseguenze: se
uno dei due abbandona il tetto coniugale, può essergli addebitata
la separazione, il che può precludere l'assegno di mantenimento.
Invece nei Cus i conviventi non hanno nemmeno l'obbligo della
coabitazione e viene menzionato in modo molto generico solo il
dovere di aiutarsi reciprocamente e di contribuire alle necessità
della vita, ma con la clausola che "il contratto di unione
solidale può prevedere i tempi e i modi dell'attuazione" dei
doveri.

Quindi, non solo i coniugi hanno molti più doveri, ma hanno
inoltre degli obblighi definiti, diversamente dai conviventi che,
nei Cus mantengono un'autonomia molto ampia rispetto ai doveri.
Insomma, i conviventi, coi Cus, hanno diversi diritti, per
esempio il trasferimento di sede per i lavoratori, il diritto di
succedere nel contratto di locazione per l'alloggio comune,
quello di ereditare automaticamente (se sono passati nove anni
dalla registrazione del Cus) e quello di percepire (dopo il
riordino della normativa previdenziale) la pensione di
reversibilità.
Pertanto, se lo Stato istituisse i Cus, attuerebbe un atto
giuridico a senso unico, perché si assumerebbe degli obblighi nei
confronti dei conviventi, quando questi ultimi non se ne assumono
nessuno o quasi. E riconoscerebbe loro i diritti che abbiamo
menzionato, senza esigere in cambio i doveri che invece chiede ai
coniugi di assolvere.

Né si può parlare di discriminazione verso i conviventi in merito
ad alcuni diritti reclamati per i conviventi e contenuti nei Cus
(quello di prendere decisioni di carattere sanitario in favore
del convivente o quello di succedergli nel contratto di
locazione), dato che (Avvenire lo ha documentato varie volte)
essi sono già oggi garantiti dal nostro ordinamento.
Ma con la differenza (rispetto ai Cus) che essi sono attualmente
concessi ai singoli e non alle coppie, perché fino ad oggi lo
Stato ha conferito uno status speciale al matrimonio, laddove
invece i Cus li assegnerebbero alle coppie conviventi,
«avvicinandole» a quelle sposate.

Oltre che per quanto detto finora, contrapporsi ai Cus non
significa discriminare i conviventi: discriminare significa
trattare in modo diverso cose uguali.
Dunque è vero che ogni singolo uomo deve avere gli stessi
diritti; ma ci sono giustamente differenze nei diritti
particolari, legate alle funzioni delle persone (per esempio, un
parlamentare ha il diritto di votare le leggi, un semplice
cittadino no).
Ciò significa che le relazioni interpersonali devono essere
trattate dallo Stato in modo diverso quando sono tra loro
diverse.
Ora, la relazione dei conviventi è diversa da quella dei coniugi,
per lo meno perché i conviventi non si assumono le responsabilità
e gli obblighi a cui i coniugi si impegnano.

di Giacomo Samek Lodovici
(C) Avvenire 15 luglio 2007

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