01 aprile 2008

Del libero arbitrio: Veltroni, Berlusconi e la vita


di Matteo Dellanoce

Il relativismo che si maschera oggi sotto la parola democratico, come ieri il comunismo, pone al centro del suo modello antropologico il motto “vietato vietare” e –conseguentemente- di fronte ad obiezioni di tipo etico si ricollega al diritto inalienabile degli individui di ricorrere al libero arbitrio.

Ma tale sottigliezza linguistica nonché semantica non è sufficiente a nascondere la menzogna culturale sottesa al modello di riferimento, ovverosia che la libertà coincida appunto con il libero arbitrio.

La prima differenza sta nel fatto alquanto evidente che il libero arbitrio è un dono della natura umana, mentre la libertà è figlia di aspre ed eroiche conquiste.

La seconda differenza riconosce la libertà -che San Paolo nelle sue predicazioni indicava come libertà dal male (Romani 6, 18)- figlia dell’uso virtuoso del libero arbitrio, contrastabile solo dall’inganno e dalla menzogna, oggi identificabile nella manipolazione mass-mediatica.

La deriva ideologica veltroniana tecnocratico-risorgimentale, che trasferisce il diritto dalla persona allo Stato e da questo al mondo della finanza globale nel nome del libero arbitrio, si scontra oggi con l’utopia berlusconiana, che fa della libertà di autorealizzazione economica l’orizzonte di riferimento della vita dell’uomo, rimanendo alquanto ondivaga sulla questione di fondo, cioè il rapporto vita-libertà, nel nome di una anarchia etica che non dà certezze sul futuro e che rischia di trasformare un’utopia in una ideologia.

Da un totalitarismo sociologicamente compassionevole ad un altro economicamente centrato? Il futuro potrebbe perciò portare con sé il rischio di ridicolizzare e svuotare di senso la libertà, che invece è continua, paziente e concreta battaglia per la creazione di un mondo in cui il potere umano sia minimale, in cui a tutti sia dato il modo di realizzarsi, autenticamente e non sulla pelle degli altri; che –ancora- necessita di essere continuamente nutrita dalla speranza, quindi dalla linfa della vita e non dalla morte.

In questo scenario e secondo queste premesse sul fondamento della “nobiltà” dell’uomo-persona per la politica, le nostre coscienze non possono esimersi dall’essere scosse, interrogate, stimolate ed anche punte dallo sforzo e dalla sfida di Ferrara, il cui essere generalmente inviso altro non è se non un segnale di conferma. Sappiamo pensare e credere che la Vita sia centro unificatore e stabilizzatore di una comunità? Se la risposta è affermativa, tale “provocazione” merita di essere colta e valorizzata con il voto, al fine di evitare che le ideologie e le utopie si fondano, rendendo la libertà e la vita una merce di scambio.
[leggi tutto]

Nessun commento: