di Marina Corradi
La gravidanza come deformazione, imbruttimento. Il corpo, come dice la Tornabuoni, 'deformato'. Sinistro, questo aggettivo pronunciato con noncuranza, perchè sembra non riconoscere più in quel ventre gonfio il segno di cui è portatore: la vita, il principio di una vita, la meraviglia di un altro figlio che nasce. Nei paesi, nelle strade, ancora oggi in Italia la gente semplice, e soprattutto i vecchi, se ti incrociano quando sei incinta ti sorridono, chiedono quando nascerà, si rallegrano come se quel figlio un po’ li riguardasse. Ed è vero, un figlio che nasce riguarda tutti. E' ricchezza, e stupore. Ma, siamo capaci ancora di questo sguardo? Non è, un figlio, oppressione e femminile destino di condanna, come una certa vulgata veterofemminista ha sottinteso per decenni. Avere un figlio, portarselo per nove mesi addosso, è splendido.
Disturba, che la ragazzina di Juno istintivamente lo scelga, inorridita da una triste clinica d’aborti. Perch? si mette contro la corrente, va contromano rispetto a ciò che 'è giusto', e quasi obbligatorio, pensare e fare. E' 'giusto' fare sesso a quattordici anni, ma è un’assurda disgrazia se si resta incinte.
Da rimediare con una pillola che avveleni l’intruso, o con un corretto aborto. I figli, si fanno dopo i trentacinque, quando si è fatta carriera.
Se poi non arrivano, ci si danna in un’odissea di provette, perchè quel figlio che un tempo era un inciampo ora è dolorosa ansia, e pretesa. L’adolescente che semplicemente quel bambino lo fa nascere, irrita. Povero corpo di fanciulla deformato. [leggi tutto]
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