23 ottobre 2006

Darfur: cacciato l'inviato dell'Onu

(22/10/2006) I ribelli del National Redemption Front hanno accusato le milizie Janjaweed di aver attaccato ieri alcuni villaggi nell'area di Nena, nel Darfur settentrionale, uccidendo numerosi civili e stuprando due ragazze di 16 e 18 anni. Numerose fonti hanno confermato a PeaceReporter l'arrivo nella regione di contingenti armati di Janjaweed e truppe governative, che si teme possano lanciare un'offensiva su larga scala nei confronti dei due gruppi ribelli, unitisi nel Nrf, che lo scorso maggio hanno rifiutato di firmare gli accordi di pace. Secondo l'ultimo rapporto dell'ICG (International Crisis Group) sul Darfur l'ONU, gli Stati Uniti e l'Unione Europea devono, lavorando insieme o separatamente, sanzionare i membri chiave dell'NCP (National Congress Party), partito dominante nel Paese, che sono stati nominati nelle investigazioni promosse dall'ONU per il coinvolgimento nelle atrocità.

La timida ed inefficace missione ONU in Sudan, nata per garantire una pace che è ancora lontana, deve considersi finita. Ne ha sancito la fine oggi il governo sudanese, che non vuole intralci nella sua operazione di pulizia etnica in Darfur. L'inviato ONU Jan Pronk è stato cosi' invitato a fare le valigie e ad andarsene entro 3 giorni.
Pronk ha già avuto problemi con il governo per i suoi commenti sul suo blog. Nell'ultimo aggiornamento, Pronk ha scritto che il morale delle truppe del governo sudanese è basso e i soldati si rifiutano di andare a combattere nel Darfur. Il portavoce del ministero degli Esteri Ali al-Sadig ha detto che Pronk ha tempo fino a mezzogiorno di mercoledì per lasciare il Paese. "La ragione sono le recenti critiche fatte dal signor Pronk sul suo sito internet riguardo alle forze armate sudanesi e al fatto che le autorità del Sudan non starebbero rispettando gli accordi di pace nel Darfur", ha detto al-Sadig. L'annuncio arriva al termine di una visita al ministero di Pronk al quale è stata consegnata una lettera per il Segretario generale delle Nazioni Unite in cui si afferma che la missione Onu in Sudan che si occupa del mantenimento della pace siglata dal governo con l'SPLM (Movimento popolare di liberazione del Sudan) e della questione del Darfur, la regione occidentale del Paese, funestata dai massacri di civili degli scorsi anni) è finita, mentre si sollecita una persona ''più giusta e realista'' quale prossimo inviato speciale del Palazzo di vetro nel paese africano. ''Il governo sudanese sarà pronto a cooperare con qualsiasi rappresentante dell'Onu nominato dal Segretario generale al posto di Pronk'', ha chiarito il portavoce del ministero Ali Sadeq, secondo il quale Pronk è ''andato oltre il suo mandato''. Già nei giorni scorsi lo Stato maggiore sudanese aveva
dichiarato Jan Pronk "persona non grata". Secondo il comando generale dell'esercito del Sudan, il rappresentante del segretario generale dell'Onu Kofi Annan "ha intrapreso una guerra contro le forze armate" e si è "apertamente intromesso negli affari" militari del paese. La presenza di Pronk in Sudan è considerata "una minaccia dal punto di vista militare" dal momento che "influisce negativamente sul lavoro delle forze armate ed è dunque diventato persona non grata".
L'inviato dell'Onu è finito sotto accusa per avere visitato diverse località del Sudan senza il permesso del governo e trattato con i ribelli che combattono l'esercito regolare nella regione occidentale del Darfur. Pronk, inoltre, "avrebbe intrapreso una guerra psicologica" diffondendo "informazioni sbagliate che mettono in dubbio la capacità delle forze armate di mantenere la sicurezza e di difendere il paese". Dietro a tutto questo c'e' pero' l'opposizione di Khartoum alla decisione del Consiglio di sicurezza di inviare i caschi blu in Darfur, dove e' in atto una crisi umanitaria e non si riesce a giungere al cessate il fuoco.
Non ci sono per ora reazioni da parte degli uffici dell'Onu a Khartoum dove si troverebbe Pronk, e non è chiaro se il governo, sotto pressione internazionale perché accetti caschi blù nel Darfur, seguirà l'esercito. Questa misura adottata dal governo sudanese nei confronti dell’inviato dell’Onu, ha generato le reazioni sdegnate da parte della Gran Bretagna, uno dei maggior sostenitori delle risoluzioni ONU contro il governo di Khartoum.

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