25 giugno 2005

Benvenuto Pechenito!


Sabato 25 giugno alle 14:10 è venuto alla luce questo bellissimo bimbo di 3,25 chili.
Mamma papà, nonni e zii contemplano emozionati questa meravigliosa creatura!

Italia e Santa Sede, un asse per il mondo


Lo sguardo di Benedetto XVI ieri mattina si sarà soffermato anche sulla bandiera bianca e gialla con le chiavi di San Pietro della Santa Sede che è tornata a sventolare per qualche ora sul Quirinale Il vessillo è stato alzato al momento dell’arrivo del Papa, come prevede il protocollo per le visite di tutti i capi di Stato. In questo caso, però, la bandiera della Città del Vaticano sul torrino del palazzo del Presidente della Repubblica italiana (sotto quella bianca rossa e verde sul pennone più alto) ha ricordato anche che quella, fino al 1870, era una delle residenze pontificie Un ponte con il passato, quindi, ma anche un invito a guardare al futuro: la terza bandiera è infatti quella dell’Unione Eur ropea


All’insegna di un’«armoniosa collaborazione» l’incontro tra il Papa e CiampiDopo il corteo scortato
dai corazzieri nel cuore
di Roma e la visita ai tesori
d’arte custoditi nel Palazzo
mezz’ora di colloquio a porte chiuse prima dei discorsi davanti alle delegazioni ufficiali

Da Roma Salvatore Mazza

Il futuro guarda all’Europa. E, dall’Europa, al mondo. Ed è al camminare verso questo orizzonte che il «modello esemplare di armoniosa convivenza e collaborazione» rappresentato dal «legame tra Santa Sede e Italia» può dare un contributo decisivo. Modello che deve radicarsi in quella «sana laicità dello Stato», in virtù della quale «le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella religione». E dove, dunque, l’«autonomia della sfera temporale» non esclude «un’intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell’uomo e del suo eterno destino».
La visita di Stato di Benedetto XVI al Quirinale, lungi dal risolversi in uno scambio di convenevoli, ha voluto marcare un nuovo, importante passo nelle relazioni tra l’Italia e la Santa Sede. Dove l’affermazione – «con orgoglio» – della laicità dello Stato, nelle parole del Presidente della Repubblica, piuttosto che sottolineare una separazione, è il momento in cui si esalta la consapevolezza del Paese delle proprie «profonde radici cristiane, intrecciate con quelle umanistiche», che si esplicitano nella condivisione di «valori fondamentali» quali «il rispetto della dignità e dei diritti di ogni essere umano, la famiglia, la solidarietà, la pace».
Una cultura, insomma, «intimamente permeata di valori cristiani», ha rilevato in proposito Papa Ratzinger, riaffermando con forza il desiderio di «mantenere e promuovere un cordiale spirito di collaborazione e di intesa a servizio della crescita spirituale e morale del Paese, a cui è legata da vincoli particolarissimi, che sarebbe gravemente dannoso, non solo per essa, ma anche per l’Italia, tentare di indebolire e spezzare». E ciò, appunto, perché la Nazione possa continuare «a svolgere nel mondo la missione civilizzatrice nella quale si è tanto distinta nel corso dei secoli». È infatti proprio «in virtù della sua storia e della sua cult ura» che essa «può recare un contributo validissimo in particolare all’Europa, aiutandola a riscoprire quelle radici cristiane che le hanno permesso di essere grande nel passato e che possono ancora oggi favorire l’unità profonda del Continente».
Con un cerimoniale a dir poco spettacolare, e nella cornice unica di una Roma inondata dal sole (al punto che, per un tratto del tragitto in auto scoperta, Papa Ratzinger ha dovuto indossare un paio di occhiali scuri) l’ottava visita di un Pontefice al Quirinale è stata l’occasione per imprimere un ulteriore slancio alle relazioni tra Italia e Santa Sede.
Nel giorno della festa di San Giovanni, particolarmente significativo per il vescovo di Roma, Benedetto XVI aveva lasciato il Vaticano attorno alle 10.30, passando con la sua vettura scoperta sotto l’Arco delle Campane. A piazza Pio XII, ossia al confine con l’Italia, la prima sosta per ricevere il saluto d’accoglienza della delegazione nazionale con il ministro degli Esteri Gianfranco Fini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Quindi il corteo, scortato dai Corazzieri motociclisti, ha percorso in senso contrario alla consueta direzione di marcia via della Conciliazione, via della Traspontina, ponte Vittorio e piazza Pasquale Paoli, per immettersi in Corso Vittorio Emanuele II in direzione di piazza Venezia.
Qui, al centro, nuova, veloce sosta, per salutare il sindaco di Roma Walter Veltroni, e cambio della scorta: ancora un drappello di Corazzieri, ma questa volta a cavallo, che hanno accompagnato il Papa fino al colle. Nel cortile d’onore del palazzo presidenziale, dopo il benvenuto di Ciampi, l’esecuzione degli Inni nazionali. Poi una veloce visita agli ambienti del Quirinale fino alla Cappella Paolina, dove il Pontefice s’è trattenuto qualche istante in raccoglimento, e quindi la presentazione delle autorità istituzionali: i presidenti di Senato e Camera, Marcello Pera e Pier Ferdinando Casini, del Consiglio dei ministri Silvio Berluscon i e della Corte Costituzionale Piero Alberto Capotosti, prima di chiudersi nello Studio presidenziale alla Vetrata per il colloquio privato, durato mezz’ora, mentre la delegazione italiana s’intratteneva con quella vaticana, della quale facevano parte tra gli altri i cardinali Angelo Sodano, Segretario di Stato, Edmund Casimir Szoka, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, e Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, e gli arcivescovi Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, e Giovanni Lajolo, "ministro degli Esteri" vaticano. Terminato il colloquio privato Ciampi e Papa Ratzinger, nel Salone delle Feste, hanno infine pronunciato i discorsi ufficiali.

VISITA AD LIMINA DEI VESCOVI DELLA PAPUA NUOVA GUINEA

Radio Vaticana, 25.06.2005

PRETI UMILI E CASTI SERVITORI DEL VANGELO: LO HA DETTO IL PAPA AI VESCOVI DELLA PAPUA NUOVA GUINEA. SODDISFAZIONE PER LA CRESCITA DEI LAICI IMPEGNATI

Una Chiesa in crescita, che ha bisogno di una piena unità tra vescovi e sacerdoti e di un’adeguata formazione dei fedeli laici, affinché il Vangelo sia ulteriormente radicato. Benedetto XVI si è soffermato questa mattina su alcuni aspetti pastorali e sociali della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, ricevendone in udienza i presuli in visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis.

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“Gesù Cristo continua ad attirare persone delle vostre due isole nazionali a una più profonda fede e vita in Lui”, ha esordito Benedetto XVI, che ha “scattato” questa mattina un’istantanea d’insieme di quell’area del Pacifico. Un primo dato, ha constatato il Pontefice, riguarda i giovani che, secondo quanto rilevato dalla recente Assemblea generale tenutasi nella Papua Nuova Guinea, mostrano una “entusiastica partecipazione alla vita della Chiesa”. Ma anche l’“eccezionale generosità dei missionari” e la “fioritura delle vocazioni” sono, per Benedetto XVI, altrettanti “segni di speranza” per la Chiesa locale. Accanto a ciò, vi sono anche delle difficoltà e delle priorità pastorali – tra cui il matrimonio e la stabilità della vita familiare – che sollecitano l’episcopato delle due isole. Per fronteggiarle con efficacia, il Papa ha anzitutto invitato i vescovi ad essere quei “coraggiosi testimoni di Cristo” cui guardano i fedeli locali. Quindi, ha insistito a lungo sull’importanza della cura sacerdotale.



“Il particolare significato della communio tra un vescovo e i suoi presbiteri – ha detto il Pontefice ai presuli – chiede che il vostro interesse per il loro benessere sia di estrema importanza per voi”. In gioco c’è soprattutto l’identità del sacerdote: essa, ha affermato Benedetto XVI, “non deve mai essere paragonata ad alcun titolo secolare oppure confusa con un incarico civile o politico”. Al contrario, il sacerdote è chiamato ad una vita di “semplicità, carità e umile servizio che ispiri gli altri attraverso l’esempio”. L’Anno dell’Eucaristia in corso, ha proseguito il Papa, mette in risalto il “cuore” della vita quotidiana sacerdotale: la celebrazione della Santa Messa. “Io – ha soggiunto Benedetto XVI - mi appello ai vostri preti: siano fedeli al loro impegno che costituisce il centro e la missione della vita di ciascuno di voi”.

E passando all’elemento della formazione del clero e dei religiosi – definita dal Pontefice “assolutamente integrale al successo dell’evangelizzazione – il Papa ha speso parole anche per la cura dei seminaristi, nei suoi aspetti spirituali, intellettuali e pastorali. Assicurate “un’attenta selezione dei candidati” e supervisionate “di persona” i seminari, è stato l’incoraggiamento di Benedetto XVI ai presuli della Papua Nuova Guinea. Così come, ha concluso, abbiate a cuore la formazione di quei laici che in “numero crescente” stanno mostrando una “più profonda” disponibilità “a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa”.

25 giugno 2005

Missione del Sottosegretario Drago alle Nazioni Unite a New York

Il Sottosegretario Giuseppe Drago partirà domani per una missione alle Nazioni Unite a New York che durerà fino al 29 giugno e che lo vedrà impegnato ad affrontare il delicato tema degli aiuti pubblici allo sviluppo, nell'ottica dell'impegno concreto dell'Italia per un rinnovato slancio della massima organizzazione internazionale a favore dei popoli più deboli e in difficoltà.
Al centro della missione del Sottosegretario Drago vi sarà la partecipazione al Dialogo ad Alto Livello sul Finanziamento dello Sviluppo, a cui interverranno anche il Presidente dell'Assemblea Generale, Jean Ping, il Segretario Generale dell'ONU, Kofi Annan, il Presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, il Direttore del Fondo Monetario Internazionale, Rodrigo de Rato, nonchè il Direttore dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, Supachai Panichpakdi.
In previsione del “Major Event” del prossimo 14-16 settembre, il Dialogo costituisce un momento di verifica dell'attuazione degli impegni finanziari assunti dai membri delle Nazioni Unite in occasione della Conferenza di Monterrey sul Finanziamento dello Sviluppo del marzo 2002, nell'ottica del raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
A New York, il Sottosegretario Drago incontrerà inoltre diverse personalità tra cui il Direttore Esecutivo dell'UNICEF, Ann Veneman, il Vice-Segretario Generale dell'ONU, Louise Frechette, il Vice-Segretario Generale dell'ONU per gli Affari Economici e Sociali, José Antonio Ocampo, nonché l'Administrator dello UNDP, Kemal Dervis.

Ci sono troppe rughe sui 60 anni dell'Onu

ANNIVERSARIO IN SORDINA
Alla cerimonia sarà assente il presidente Bush, il segnale più evidente del disagio che sta investendo il Palazzo di Vetro. Nel mirino i risultati negativi delle missioni con i caschi blu


Il 26 giugno del ’45 nascevano a San Francisco le Nazioni Unite. Oggi gli scandali e le accuse di inefficienza ne minano la credibilità. I prossimi mesi saranno decisivi per una riforma profonda dell’organizzazione

Di Carlo Baroni

In sessant'anni ne ha viste passare tante. Guerre, crisi internazionali, scandali. Qualche volta è uscita a testa alta. Altre, troppe volte, ha abbassato il casco blu sugli occhi per nascondere la vergogna. Per questo oggi c'è da festeggiare un anniversario e poco altro. L'Onu che compie sessant'anni più che guardare indietro adesso dovrà fare i conti con il proprio futuro. Che appare incerto, nebuloso, dubbioso. Le Nazioni Unite nate il 26 giugno del 1945 a San Francisco come lo strumento per «risolvere le controversie internazionali» sono diventate una mongolfiera che non riesce a spiccare il volo tirata giù da una zavorra che si chiama, di volta in volta, burocrazia, realpolitik, egoismi. Al punto che oggi, tutti, sono d'accordo che l'organizzazione vada ripensata. Il mondo è cambiato, l'Onu sembra rimasta la stessa di sessant'anni fa. Si comporta come un adolescente che non si è accorta che ha il viso pieno di rughe. E non basterà un semplice lifting per cambiare faccia. Il conflitto in Iraq è stato lo spartiacque tra quello che è l'Onu e quello che vorrebbe essere. Oggi ci si chiede che peso vero abbiano le decisioni prese al Palazzo di Vetro. Si fanno i bilanci sulle missioni nel mondo per constatare che c'è ancora molto, troppo, da fare. Eppure l'unica riforma che sembri scaldare gli uffici di New York è quella per l'allargamento del Consiglio di sicurezza. Una lotta di potere, qualche poltrona in più da occupare. In questo contesto è quasi inevitabile che il Paese più influente, gli Stati Uniti, non perdano occasione per screditare l'organizzazione. Proprio loro che si erano battuti per metterla in piedi. Era stato Franklyn delano roosevelt a coniare il nome al nuovo organismo. Ma il presidente George W.Bush non parteciperà alle cerimonie per il sessantesimo che pure si tengono nel suo Paese. Un forfait che vale più di un discorso. Per non parlare delle polemiche riguardo l'uomo che la Casa Bianca vuole nominare ambasciatore alle Nazioni Unite: John Bolton, il falco che non ha mai fatto mistero di considerare l'Onu un'organizzazione superflua, forse addirittura inutile. In effetti la struttura dell'organismo fa a pugni con il pragmatismo yankee. Troppa burocrazia, troppa inefficienza. Eppure, finora, nessuna ha saputo indicare un'alternativa credibile alle Nazioni Unite. Disfarsene potrebbe essere un errore di cui pentirsene per sempre. Il paragone con la Società delle Nazioni dovrebbe agire da monito in tal senso. Per guarire l'Onu non deve tradire i propri ideali, i motivi per i quali è nata. Solo fare un po' di pulizia e una cura dimagrante per funzionari e spese. L'obiettivo di eliminare le guerre dal pianeta va ancora perseguito. Così come l'impegno contenuto nella «Dichiarazione delle Nazioni Unite» dell'11 gennaio del 1942, con la quale i Paesi firmatari si prendevano l'impegno di dar vita, dopo la guerra, ad un sistema di sicurezza collettiva capace di scoraggiare le aggressioni, nonchè di procedere ad un'intensa collaborazione fra Stati nel campo economico e sociale. Sessant'anni fa alla conferenza di San Francisco c'erano «solo» 50 Stati. Adesso sono 191, praticamente tutto il mondo. E da allora si sono succeduti sette segretari generali, provenienti da Paesi che politicamente non pesano molto: il norvegese Trygve Halvdan Lie, dal '46 al '52, seguito dallo svedese Dag Hammarskjold (nobel per la pace), in carica dall'aprile del 1953 al settembre del 1961, quando morì in un incidente aereo durante una missione in Africa. Terzo segretario generale fu il birmano U Thant, in carica dal novembre del 1961 al dicembre del 1971; seguì l'austriaco Kurt Waldheim, segretario fino al dicembre del 1981. Dal 1982 al 1991 il peruviano Javier Perez de Cuellar, che lasciò il posto all'egiziano Butros Butros-Ghali fino al dicembre del 1996. Dal primo gennaio del 1997 segretario generale è il ghanese Kofi Annan, Nobel per la pace nel 2001.

Iran ai «falchi» , America preoccupata


Ahmadinejad nuovo presidente con il 62% dei voti: costruirò uno Stato islamico modello Gli Usa: Paese fuori tempo rispetto all' area. L' Europa: continuino le trattative sul nucleare
Lo sconfitto Rafsanjani: usati metodi illegali. Il leader conservatore Khamenei: Stati Uniti umiliati
TEHERAN - Il nuovo presidente della repubblica islamica d' Iran è Mahmud Ahmadinejad. Quarantotto anni, ex sindaco di Teheran, il candidato ultraconservatore ha battuto con un risultato schiacciante ( 62%) il più moderato Hashemi Rafsanjani ( due volte presidente e dato per favorito). Ahmadinejad ha ringraziato gli elettori che, scegliendo lui, « hanno dato scacco matto al nemico » , Usa in testa. Lo sconfitto Rafsanjani ha accusato l' ayatollah Khamenei di aver truccato il voto. Preoccupazione per la svolta radicale è stata espressa da Washington e Londra che hanno rinnovato il monito contro il programma nucleare iraniano. Cauto il rappresentante europeo: lavoreremo con qualsiasi governo voglia progressi.