Maria tu mi sostieni fin da piccolino, dammi forza e illuminami sempre, mio faro di luce
23 giugno 2009
Iran: Onu troppo prudente e tardivo
(AGI) - New York, 23 giu. - Dopo oltre una settimana di violenze e almeno 17 morti solo secodno i dati del governo iraniano il segretario generale delle Nazioni Unite fa sentire alla fine la sua voce. Ban Ki-moon ha chiesto alle autorita' iraniane "di porre fine immediatamente agli arresti, alle minacce e all'uso della forza". Il segretario generale, si legge in un comunicato, segue "con crescente preoccupazione la situazione nella Repubblica Islamica e prova sgomento per le violenze post-elettorali, in particolare per l'uso della forza contro i civili che ha causato perdite di vite e feriti" Ban ha incitato le autorita' "a rispettare i diritti civili e politici, specialmente la liberta' di espressione, la liberta' di riunirsi e la liberta' di informazione" Il numero 1 del Palazzo di Vetro ha concluso con un appello al governo e all'opposizione a "risolvere pacificamente le loro divergenze con il dialogo e con metodi legali".
22 giugno 2009
Iran: vergogna ONU
Scritto da Franco Londei
Dopo il Rwanda, dopo Srebrenica, dopo la Birmania, dopo il Darfur e dopo tutte le volte che l'ONU si è girato dall'altra parte rispetto al Diritto, dal Congo alla Somalia passando per gli ultimi fatti accaduti in Perù, pensavamo di aver visto tutto. Ci sbagliavamo.
Il silenzio a cui assistiamo in questi giorni da parte delle Nazioni Unite su quanto sta avvenendo in Iran assomiglia molto di più ad un assenso piuttosto che ad un vero e proprio disinteresse. Qualcuno ha definito questo comportamento come l'ennesima dimostrazione di impotenza del Palazzo di Vetro, ma questa volta non concordo con questa analisi, perché almeno una dichiarazione, magari di forma, ciclostilata e magari inascoltata, tutti se l'aspettavano. Invece no, questa volta è un silenzio complice. Una vergogna.
Ma il silenzio-assenso delle Nazioni Unite su quanto sta avvenendo in Iran ha toccato il fondo ieri a Teheran, quando decine di migliaia di manifestanti sono andati a protestare per l'immobilità del più grande organismo mondiale, davanti alla sua rappresentanza di Teheran, accolti non dai rappresentanti strapagati dell'ONU ma da centinaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa che naturalmente non hanno mancato di far sentire la risposta delle Nazioni Unite a suon di manganellate sui poveri ragazzi ingenui che ancora credono che l'ONU sia un organismo soprannazionale, imparziale e deputato a far mantenere e far rispettare il Diritto. [leggi tutto]
Dopo il Rwanda, dopo Srebrenica, dopo la Birmania, dopo il Darfur e dopo tutte le volte che l'ONU si è girato dall'altra parte rispetto al Diritto, dal Congo alla Somalia passando per gli ultimi fatti accaduti in Perù, pensavamo di aver visto tutto. Ci sbagliavamo.
Il silenzio a cui assistiamo in questi giorni da parte delle Nazioni Unite su quanto sta avvenendo in Iran assomiglia molto di più ad un assenso piuttosto che ad un vero e proprio disinteresse. Qualcuno ha definito questo comportamento come l'ennesima dimostrazione di impotenza del Palazzo di Vetro, ma questa volta non concordo con questa analisi, perché almeno una dichiarazione, magari di forma, ciclostilata e magari inascoltata, tutti se l'aspettavano. Invece no, questa volta è un silenzio complice. Una vergogna.
Ma il silenzio-assenso delle Nazioni Unite su quanto sta avvenendo in Iran ha toccato il fondo ieri a Teheran, quando decine di migliaia di manifestanti sono andati a protestare per l'immobilità del più grande organismo mondiale, davanti alla sua rappresentanza di Teheran, accolti non dai rappresentanti strapagati dell'ONU ma da centinaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa che naturalmente non hanno mancato di far sentire la risposta delle Nazioni Unite a suon di manganellate sui poveri ragazzi ingenui che ancora credono che l'ONU sia un organismo soprannazionale, imparziale e deputato a far mantenere e far rispettare il Diritto. [leggi tutto]
Buono-scuola, troppo bello per essere vero
di Fausto Carioti
...Se si vuole davvero riformare il sistema scolastico occorre dare il buono a tutte le famiglie, non solo a quelle più povere. In questo modo si metterebbero in concorrenza tra loro tutti gli istituti, sia che a gestirli siano le amministrazioni locali, il governo, imprese private, enti no-profit o ordini religiosi. Così i migliori istituti andrebbero avanti, i peggiori innalzerebbero i loro standard o chiuderebbero i battenti.
Proprio questo è il timore diffuso nella sinistra italiana: che le scuole statali non siano in grado di reggere la concorrenza ad armi pari con gli altri istituti, e che a pagarne il prezzo siano gli insegnanti di Stato. I quali, in certi ambienti, contano molto più degli alunni. La Cgil accusa infatti la Gelmini di voler «distruggere la scuola pubblica per far posto alle private». Mentre per il Pd, dove malgrado le ripetizioni serali sono ancora all’Abc del libero mercato, l’intento del ministro è quello di «realizzare quel dualismo nell’istruzione (scuole di serie A e scuole di serie B) che in Italia non si è mai attuato». Il che è pura ipocrisia, visto che è il sistema attuale ad essere classista ed antidemocratico. Oggi le famiglie abbienti, che possono permettersi la libertà di scegliere tra più istituti, iscrivono i figli alle scuole migliori, mentre per tutte le altre famiglie la scelta è obbligata. Il buono-scuola, invece, darebbe libertà di scelta a tutte. E a guadagnarci, ovviamente, sarebbe chi oggi questa libertà non ce l’ha.
Persino Antonio Gramsci aveva capito che la scuola libera sarebbe stato un potente fattore di mobilità sociale. Nel 1918 scriveva: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato». Novant’anni dopo, davanti alla scuola la sinistra italiana si rivela più statalista di allora. [leggi tutto]
...Se si vuole davvero riformare il sistema scolastico occorre dare il buono a tutte le famiglie, non solo a quelle più povere. In questo modo si metterebbero in concorrenza tra loro tutti gli istituti, sia che a gestirli siano le amministrazioni locali, il governo, imprese private, enti no-profit o ordini religiosi. Così i migliori istituti andrebbero avanti, i peggiori innalzerebbero i loro standard o chiuderebbero i battenti.
Proprio questo è il timore diffuso nella sinistra italiana: che le scuole statali non siano in grado di reggere la concorrenza ad armi pari con gli altri istituti, e che a pagarne il prezzo siano gli insegnanti di Stato. I quali, in certi ambienti, contano molto più degli alunni. La Cgil accusa infatti la Gelmini di voler «distruggere la scuola pubblica per far posto alle private». Mentre per il Pd, dove malgrado le ripetizioni serali sono ancora all’Abc del libero mercato, l’intento del ministro è quello di «realizzare quel dualismo nell’istruzione (scuole di serie A e scuole di serie B) che in Italia non si è mai attuato». Il che è pura ipocrisia, visto che è il sistema attuale ad essere classista ed antidemocratico. Oggi le famiglie abbienti, che possono permettersi la libertà di scegliere tra più istituti, iscrivono i figli alle scuole migliori, mentre per tutte le altre famiglie la scelta è obbligata. Il buono-scuola, invece, darebbe libertà di scelta a tutte. E a guadagnarci, ovviamente, sarebbe chi oggi questa libertà non ce l’ha.
Persino Antonio Gramsci aveva capito che la scuola libera sarebbe stato un potente fattore di mobilità sociale. Nel 1918 scriveva: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato». Novant’anni dopo, davanti alla scuola la sinistra italiana si rivela più statalista di allora. [leggi tutto]
05 giugno 2009
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