di Fausto Carioti
...Se si vuole davvero riformare il sistema scolastico occorre dare il buono a tutte le famiglie, non solo a quelle più povere. In questo modo si metterebbero in concorrenza tra loro tutti gli istituti, sia che a gestirli siano le amministrazioni locali, il governo, imprese private, enti no-profit o ordini religiosi. Così i migliori istituti andrebbero avanti, i peggiori innalzerebbero i loro standard o chiuderebbero i battenti.
Proprio questo è il timore diffuso nella sinistra italiana: che le scuole statali non siano in grado di reggere la concorrenza ad armi pari con gli altri istituti, e che a pagarne il prezzo siano gli insegnanti di Stato. I quali, in certi ambienti, contano molto più degli alunni. La Cgil accusa infatti la Gelmini di voler «distruggere la scuola pubblica per far posto alle private». Mentre per il Pd, dove malgrado le ripetizioni serali sono ancora all’Abc del libero mercato, l’intento del ministro è quello di «realizzare quel dualismo nell’istruzione (scuole di serie A e scuole di serie B) che in Italia non si è mai attuato». Il che è pura ipocrisia, visto che è il sistema attuale ad essere classista ed antidemocratico. Oggi le famiglie abbienti, che possono permettersi la libertà di scegliere tra più istituti, iscrivono i figli alle scuole migliori, mentre per tutte le altre famiglie la scelta è obbligata. Il buono-scuola, invece, darebbe libertà di scelta a tutte. E a guadagnarci, ovviamente, sarebbe chi oggi questa libertà non ce l’ha.
Persino Antonio Gramsci aveva capito che la scuola libera sarebbe stato un potente fattore di mobilità sociale. Nel 1918 scriveva: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato». Novant’anni dopo, davanti alla scuola la sinistra italiana si rivela più statalista di allora. [leggi tutto]
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