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Video in Internet della fondatrice de L’Opera della Chiesa
“Aiutami ad aiutare la Chiesa Santa di Dio”
ROMA, lunedì, 12 novembre 2007 (ZENIT.org).-“Aiutami ad aiutare la Chiesa Santa di Dio”. Con queste parole conclude madre Trinidad della Santa Madre Chiesa il suo appello in un video che si può vedere e scaricare su www.laobradelaiglesia.org.
Il titolo completo della sua testimonianza è “Anima amata, aiutami ad aiutare la Chiesa mostrandola tale qual è e Dio l’ha voluta nel suo pensiero divino” e consiste in un’esposizione teologica sulla bellezza e la ricchezza della Chiesa, sia divina che umana in virtà del suo Capo regale, Cristo.
Madre Trinidad, nata a Dos Hermanas (Siviglia, Spagna) nel 1929, è fondatrice e presidente de L’Opera della Chiesa, istituzione ecclesiale di diritto pontificio. Il suo carisma principale è la diffusione dell’amore per la Chiesa di Cristo.
Madre Trinidad vive da anni a Roma, malata. Il 15 dicembre 1996 Giovanni Paolo II le ha fatto visita e l’ha benedetta nella sua casa, in quello che lei ha definito il giorno più importante della sua vita.
Il video fa parte di un grande patrimonio: più di 300 video, 800 discorsi e 50 volumi.
Maria tu mi sostieni fin da piccolino, dammi forza e illuminami sempre, mio faro di luce
15 novembre 2007
03 novembre 2007
Dalla parte di chi chiede scusa di esistere
Dal sito di Paolo Rodari
È morto ieri a 82 anni, don Benzi, per un arresto cardiaco che lo ha colto nel cuore della notte. Poche ore prima, come sovente amava fare, era stato in discoteca. Non ci era andato per ballare, ma semplicemente per dire la sua ai giovani, per parlare con loro della propria fede. Poi l’acutizzarsi di quel dolore al petto che da tempo lo tormentava, fino a quelle parole dette ai suoi collaboratori stretti attorno al suo capezzale: «Muoio, muoio».
Don Oreste ha dedicato tutta la sua vita agli ultimi, a chi non ha niente. Lo ha detto anche Benedetto XVI, ieri mattina, in un telegramma inviato al vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi: è stato un «infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi». Lo ha ricordato, sempre ieri, anche il presidente Napolitano: don Benzi è stato un «testimone della speranza e della volontà di riscatto di tante donne e tanti giovani».Il motivo di una vita consumata per gli ultimi lo si deve ricercare nella sua infanzia: «I miei genitori - scrisse un giorno -, appartenevano a quella categoria di persone che ritiene talmente di non valere nulla, che sembra sempre chiedere scusa di esistere. Quando incontro il povero, l’ultimo, il disperato, il barbone della stazione, la prostituta, in me si rifà presente l’immagine dei miei che pensavano di non valere nulla. Per questo non mi metto mai dalla parte dei potenti, ma dalla parte dei “nessuno”, di quelli che la società non fa esistere».
Erano gli anni ’30. Oreste, settimo di nove figli, viveva a San Clemente, un paesino a 20 chilometri da Rimini. La madre era casalinga mentre il padre si barcamenava con lavori saltuari. Ma l’aria, in famiglia, era sempre allegra: «Non si muove foglia, che Dio non voglia», ripeteva sempre mamma. Sono ricordi che hanno formato la personalità di don Oreste, che lo hanno portato a decidere di darsi a tutti attraverso il sacerdozio. [leggi tutto]
È morto ieri a 82 anni, don Benzi, per un arresto cardiaco che lo ha colto nel cuore della notte. Poche ore prima, come sovente amava fare, era stato in discoteca. Non ci era andato per ballare, ma semplicemente per dire la sua ai giovani, per parlare con loro della propria fede. Poi l’acutizzarsi di quel dolore al petto che da tempo lo tormentava, fino a quelle parole dette ai suoi collaboratori stretti attorno al suo capezzale: «Muoio, muoio».
Don Oreste ha dedicato tutta la sua vita agli ultimi, a chi non ha niente. Lo ha detto anche Benedetto XVI, ieri mattina, in un telegramma inviato al vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi: è stato un «infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi». Lo ha ricordato, sempre ieri, anche il presidente Napolitano: don Benzi è stato un «testimone della speranza e della volontà di riscatto di tante donne e tanti giovani».Il motivo di una vita consumata per gli ultimi lo si deve ricercare nella sua infanzia: «I miei genitori - scrisse un giorno -, appartenevano a quella categoria di persone che ritiene talmente di non valere nulla, che sembra sempre chiedere scusa di esistere. Quando incontro il povero, l’ultimo, il disperato, il barbone della stazione, la prostituta, in me si rifà presente l’immagine dei miei che pensavano di non valere nulla. Per questo non mi metto mai dalla parte dei potenti, ma dalla parte dei “nessuno”, di quelli che la società non fa esistere».
Erano gli anni ’30. Oreste, settimo di nove figli, viveva a San Clemente, un paesino a 20 chilometri da Rimini. La madre era casalinga mentre il padre si barcamenava con lavori saltuari. Ma l’aria, in famiglia, era sempre allegra: «Non si muove foglia, che Dio non voglia», ripeteva sempre mamma. Sono ricordi che hanno formato la personalità di don Oreste, che lo hanno portato a decidere di darsi a tutti attraverso il sacerdozio. [leggi tutto]
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