08 luglio 2006

Quando la Spagna «rossa» perseguitò i cristiani


Il 26 giugno scorso Benedetto XVI ha autorizzato la promulgazione dei decreti con cui si riconosce il martirio di 148 religiose e religiosi e di una laica, assassinati in Spagna tra il 1936 e il 1937 per mano dei comunisti-repubblicani al potere. Con questo atto la Chiesa ha inteso rendere l'ennesimo, doveroso tributo a chi ha testimoniato la fede cristiana subendo persecuzioni ed atrocità infinite, ancorché sconosciute ai più. L'opinione pubblica prevalente, infatti, sembra vieppiù ignorare quelle vicende, perché delle guerra civile spagnola si è sempre offerta (a partire dai testi scolastici) una visione unidirezionale di derivazione marxista, che addossava tutte le nefandezze alle falangi franchiste, fatalmente assolvendo da ogni colpa la fazione sinistrorsa. Fazione che invece si macchiò di una tra le più sanguinose persecuzioni attuate contro i cattolici nell'intera storia dell'umanità.

Tale persecuzione non trae origine dalla guerra civile, ma dalla ideologia marxista importata dall'Unione Sovietica. Ne è prova il fatto che ancor prima dell'inizio della guerra civile i rossi avevano già scatenato la lotta contro la Chiesa, facendo centinaia di martiri nelle zone di loro occupazione. Nel 1931, a Madrid, ad esempio, le 80 suore del convento della Visitazione erano state trucidate da una pattuglia delle Unità rivoluzionarie e il convento dato alle fiamme. Appresa questa notizia, il massone Manuel Azana, allora ministro repubblicano della guerra, aveva così commentato: «Bueno! Tutti i conventi e i religiosi della Spagna non valgono la vita di un solo repubblicano!».

Quando si scatena la guerra civile, affluiscono dall'estero vari contingenti armati, a partire dalle Brigate social-comuniste internazionali, tra le quali quella italiana capeggiata da Pietro Nenni. Nel diario di Nenni, riportato da Vittorio Messori su Avvenire del 9 marzo 2001, è scritto quanto segue: «Mi rammarico di non essere riuscito a sfondare le difese di Saragozza per poter fare pulizia del clero di quella città ed incendiare la grande Basilica della Madonna del Pilar». Ed è così che, poco alla volta, prende corpo la grande mattanza dei cattolici spagnoli. Nella lettera pastorale collettiva dei vescovi spagnoli del 1° luglio 1937 (ancora nel pieno della persecuzione) si leggono queste parole: «Non crediamo che nella storia del cristianesimo e nello spazio di poche settimane si sia dato un simile scatenarsi dell'odio contro Gesù Cristo e la sua sacra religione». Tanto grande è stata la sacrilega strage cui soggiacque la Spagna, che il Delegato dei Rossi spagnoli inviato al Congresso dei «Senza Dio», a Mosca, potè dire: «La Spagna ha superato di molto l'opera dei Soviet, poichè la Chiesa in Spagna è stata completamente annientata».

La persecuzione spagnola mietè quasi 7.000 martiri, molti dei quali vennero atrocemente torturati. Secondo recenti studi del vescovo di Merida-Badajoz, Antonio Montero, tra il luglio 1936 e l'aprile 1939, subirono il martirio 6.832 persone di cui 4.184 appartenenti al clero diocesano, 12 vescovi, 1 amministratore apostolico, 2.365 religiosi e 238 tra suore e seminaristi. Di questi 6.832 martiri, 238 sono stati beatificati. Le efferatezze dei «Rossi» spagnoli raggiunsero livelli raccapriccianti: si torturarono religiosi e laici, si demolirono chiese, si profanarono le tombe e i cimiteri, si fece scempio dei cadaveri dei Santi. Don Massimo Astrua, nel suo fondamentale libro Perseguiteranno anche voi - I martiri cristiani del 20° secolo (Mimep Docete), riporta la seguente testimonianza degli anziani contadini di Villacarrillo, in Andalusia: «Vennero i rossi e, lasciando le macchine sulla strada, salirono in paese a piedi. Qui presero con la forza i sacerdoti e alcuni uomini che avevano tentato di opporsi al loro arresto e li condussero giù, nel prato che dalla strada si distende verso il Guadilimar. Estrassero quindi dalle macchine alcune bottiglie di benzina e ne infilarono il collo in bocca ai malcapitati, per costringerli a ingoiarne qualche sorso. Le vittime si contorcevano in terra dal dolore. Allora alcuni miliziani portarono dei giornali a cui avevano appiccato il fuoco e li avvicinarono alla bocca dei martiri che subito esplosero come bombe».

Dei 6832 martiri spagnoli si ricordano in particolare le figure di Monsignor Florentino Asensio Barroso e quella del sacerdote Manuel Albert Gines. Monsignor Barroso era vescovo di Barbastro, una piccola cittadina dei Pirenei centrali; predicò nella sua cattedrale fino alla domenica 19 luglio 1936: il giorno dopo fu arrestato. La sera prima aveva detto ai suoi fedeli: «Bisogna essere pronti a tutto, anche al martirio». Dei suoi 139 preti diocesani, 113 furono martirizzati insieme a 5 seminaristi e alla totalità delle 3 Comunità religiose presenti in Diocesi. Quasi tutte le sue chiese vennero incendiate, saccheggiate o distrutte. Monsignor Barroso fu torturato, orrendamente mutilato e poi, legato con un filo di ferro, fu costretto a camminare fino al luogo della fucilazione, mentre i suoi torturatori lo schernivano. Morì perdonando i suoi persecutori. Manuel Gines fu arrestato insieme a 42 contadini, uomini e donne, nei dintorni di Calanda, paesino conosciuto per il miracolo, avvenuto quattro secoli prima, della Vergine del Pilar. Tra percosse ed insulti, furono tutti allineati lungo il muro del cimitero e subito fucilati perchè «rei confessi di essere cattolici praticanti».

Vincenzo Merlo

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