07 ottobre 2010

Libertà religiosa: il dialogo fra sordi tra Cina e Unione Europea

tratto da Asianews

di Bernardo Cervellera
A Bruxelles parlamentari e vescovi europei chiedono maggiore attenzione su persecuzione, libertà religiosa e diritti umani nei rapporti fra Ue e altri Paesi; a pochi passi, all’incontro con Wen Jiabao e altri rappresentanti asiatici si parla solo di economia. Eppure la Ue da sempre è orgogliosa di presentarsi come paladina dei diritti umani. Lo svuotamento delle parole è uno dei metodi del totalitarismo (H. Arendt).

Roma (AsiaNews) – Al Palazzo europeo di Bruxelles si sono avuti ieri due importanti raduni che mostrano la sordità - o la schizofrenia - con cui operano l’Unione europea e i suoi partner, soprattutto verso la libertà religiosa.
Quasi in contemporanea si sono svolti due incontri: quello sulla persecuzione dei cristiani, voluto dai vescovi europei e da membri del Partito popolare europeo, e quello di Asia-Europa, in cui il premier cinese Wen Jiabao ha fatto da protagonista assoluto.
Alla conferenza sui cristiani perseguitati, hanno preso parte – oltre ai parlamentari Mario Mauro, italiano, e al polacco Konrad Szymanski – diversi testimoni della persecuzione: mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk (Iraq); T.M. Joseph, preside del Newman College di Thodupuzha (India); Kok Ksor, presidente della Montagnard Foundation (Vietnam, con base negli Usa); mons. Eduard Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura (Sud Sudan). Presenti pure rappresentanti di alcune agenzie che operano per sostenere le comunità perseguitate, come “Aiuto alla Chiesa che Soffre” e “Open Doors”.
Szymanski ha sottolineato che “l’Europa non può rimanere indifferente” al fatto che “il 75% delle uccisioni legate a crimini in odio alla religione colpiscono proprio i cristiani”. Mauro, a sua volta, ha affermato che “la libertà religiosa è la condizione attraverso cui tutte le altre libertà sono garantite”.

A poche centinaia di metri dalla prima conferenza si è tenuto invece il vertice dell’Asem, l’incontro fra Unione europea e Paesi asiatici. Al raduno hanno partecipato rappresentanti di 46 Paesi. Con grande stupore di alcuni osservatori presenti, si è parlato del clima, dello yuan, del terrorismo, dell’aiuto ai Paesi poveri, ma non dei diritti umani. Eppure, anche senza aspettare che venga adottata la Dichiarazione scritta della conferenza sulla persecuzione, l’Ue si vanta di inserire sempre nei suoi rapporti con gli altri Paesi la questione dei diritti umani (e della libertà religiosa, almeno come appendice ai diritti umani).

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