Se la demografia rappresenta il destino di un Paese, l'Italia può ritenersi moribonda. Lo indica il Wall Street Journal in un editoriale dall'eloquente titolo "Italia, R.I.P." (Italia, riposa in pace), a firma del giornalista-scrittore Giulio Meotti che cita uno studio di James Vaupel direttore dell'Istituto di Ricerca Demografica tedesco, secondo il quale se continuerà l'attuale trend di denatalità, degli italiani oggi residenti e dei loro figli ne rimarranno tra 40 anni solo 10 milioni.
La maggior minaccia che gli abitanti del Bel Paese devono fronteggiare, si legge nell'articolo, è quella dell'autoimmolazione demografica. Dal 1994 - i dati citati - il numero delle nascite è sistematicamente superato da quello dei decessi; la fertilità è ai livelli minimi, 1,3 figli per donna. Negli anni Sessanta era di 2 bambini a coppia.
La crisi delle nascite, prosegue il WSJ, minaccia di avere conseguenze sociali ed economiche disastrose. Già oggi, il 22 per cento della popolazione italiana è in età pensionistica, uno dei tassi più elevati a livello mondiale. L'Italia destina inoltre alla previdenza il 15 per cento del pil (prodotto interno lordo), più di ogni altra nazione europea. L'Italia non è il solo Paese sull'orlo del suicidio demografico, sottolinea l'editoriale. Ma è il primo nel mondo che vive il cosiddetto "crossing over", dove ciò il numero degli under 20 è inferiore a quello degli over 60. Entro il 2050, annuncia il quotidiano, il 60 per cento degli italiani figli di vecchie generazioni non avrà fratelli, sorelle, cugini, zii o zie di primo grado.
Non certo il risultato che immaginavano gli scienziati e i premi Nobel del «Club di Roma» che nel ’68 denunciavano i pericoli di un possibile sovraffollamento, conseguenza del boom demografico. «Profeti laici» che auspicavano ad un’inversione di tendenza per fronteggiare un’eventuale crisi economica e si rifacevano alle tesi di Georgescu-Roegen, autore del saggio “Demain la décroissance” (Domani il decremento).
Una situazione paradossale è che i tassi più bassi di fertilità - si legge nell’editoriale - sono concentrati nei Paesi più religiosi d’Europa, fra cui la cattolica Italia. I tassi di natalità più alti si concentrano invece nel laico e secolare Nord d’Europa, specie in Scandinavia. E a poco sembrano essere servite le scelte del welfare: con cinque mesi di piena retribuzione e sei mesi di stipendio ridotto, ‘’la maternità in Italia ‘’è ben pagata’’ al confronto con gli Usa o Israele, i due Paesi industrializzati con i tassi di fertilità più alti’’.
L'ISTAT si limita a rispondere che secondo i suoi studi nel 2050 gli italiani residenti saranno 60 milioni, come è possibile questa differenza di cinquanta milioni tra le due stime? Probabilmente i 10 milioni di cui parla il WSJ si riferiscono ai cittadini nati in Italia e con antenati italiani, i residenti stimati dall'ISTAT probabilmente invece saranno per la stragrande maggioranza figli e nipoti di immigrati, ma questo l'ISTAT si guarda bene dal dirlo.
A questo punto risultano quindi indispensabili ed improcrastinabili politiche sociali di sostegno alla Famiglia, vero pilastro della società, centro nevralgico del consolidamento e del potenziamento della nostra Comunità. Contro il preoccupante calo di nascite devono essere assunti provvedimenti di incentivo e di sostegno delle Famiglie naturali e tradizionali. Tanto per cominciare ad esempio un assegno mensile alle casalinghe che preferiscono di rimanere a casa a svolgere un ruolo fondamentale a sostegno della famiglia e quindi della società
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