Bollati come «briganti» e «fanatici» o addirittura dimenticati. Gli insorgenti, i capipopolo che nell’Italia preunitaria cercarono di opporsi all’invasione napoleonica e alle sue mire anticattoliche, per la storiografia ufficiale non sono mai esistiti. Ma da qualche anno la ricerca va scoprendo finalmente il ruolo di personaggi come Natale Barbieri a Pavia o Branda Lucioni in Piemonte, che hanno affrontato le armate rivoluzionarie per difendere il diritto di vivere secondo la propria fede.
Uno di loro, finora completamente ignorato dai manuali scolastici, trova finalmente un riconoscimento oltre i confini del suo Tirolo a 200 anni da quando venne fucilato a Mantova per ordine di Napoleone, mentre teneva fra le mani il crocifisso ornato da un mazzetto di fiori: «Io sto davanti a Colui che mi ha creato – confessava di fronte al plotone – ed in piedi voglio consegnargli la mia anima». Si chiamava Andreas Hofer, veniva da un paesino della Val Passiria, morì il 20 febbraio 1810 a soli 42 anni.
Non era un militare di professione, ma un umile oste della periferica valle a nord di Merano che per oltre un decennio aveva guidato i tirolesi per liberare dalle truppe franco-bavaresi il suo amato Tirolo, passato dall’Austria alla Baviera dopo la terza guerra di coalizione. «I tirolesi che nel 1809 presero le armi contro l’imperatore Bonaparte combatterono, soffrirono e morirono non per un vago ideale, ma per difendere qualcosa di molto concreto, a cominciare dalla libertà religiosa, ossia la possibilità stessa di accedere ai sacramenti, di avere per se e per i propri figli un’istruzione cristiana, di poter trasmettere e comunicare liberamente la fede stessa». [leggi tutto]
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