27 ottobre 2009

Gesù e Salvatore

Si chiama Salvatore il mendicante che tutte le mattine incontro dentro la chiesa di SS. Pietro e Paolo, la sua è una vita straordinaria quanto incredibile e piena di sofferenza. Nato a Lampedusa 61 anni fa è rimasto orfano da piccolino, lasciata l’isola natale a 15 anni ha cominciato la sua vita sulla strada, girando l’Italia in lungo e in largo fino ad arrivare a Roma dove vagando da un centro Caritas all’altro riesce a mangiare solo quando la fila dei poveri davanti alla mensa non è troppo lunga, spesso infatti rischia di arrivare che è già finito tutto. Quest’estate si è beccato un’intossicazione per aver mangiato un panino raccolto per strada, lo sapeva che non doveva farlo, il medico glielo aveva detto, ma lui quel giorno aveva troppa fame. Si può lavare solo una volta ogni venti giorni a Lepanto, anche lì in fila insieme a tanti italiani e stranieri, di questi ultimi invidia addirittura i centri di accoglienza e i campi periferici adibiti per i rom, per lui invece che è italiano e solo non c’è posto da nessuna parte. Dorme al freddo, nel parcheggio sotto la strada sopraelevata dello Sheraton Hotel, dove in modo beffardo si confrontano il lusso degli altri e la sua povertà. Ora per lui inizia il periodo peggiore perché la temperatura scende e i suoi reumatismi alle gambe lo aspettano al varco. Ne ha visti tanti morire di freddo, anche più giovani di lui, come quel tale che veniva da Barcellona ed è morto di notte dormendo su un cartone a stazione Ostiense. Se le ricorda bene Salvatore quelle nottate di ghiaccio, quando i poliziotti del turno di notte gli dicevano di alzarsi e muoversi, altrimenti rimanendo fermi rischiavano di morire. Non si poteva dormire in quelle notti, se non ti uccideva il freddo rimanevi sfigurato per le secchiate di acido tirate da giovani delinquenti che fanno il “barbon tour” notturno, divertendosi a torturare i poveracci. Dopo le notti insonni spesso Salvatore crollava di botto alle 6 di mattina distrutto dal sonno, oggi indossa un bel giacchetto di montone usato che gli ha portato un signore qualche giorno fa: “Il mio cane mangia e dorme meglio di te” ha dovuto amaramente ammettere il benefattore di turno, realizzando che gli esseri umani sono spesso trattati peggio delle bestie. Ma Salvatore ha una grande forza spirituale che lo sostiene e me lo testimonia raccontandomi che un anno fa stava come tutte le mattine davanti alla Chiesa quando è crollata una parte molto pesante delle statue di marmo proprio sopra l’entrata. I viglili sopraggiunti si sono stupiti di come Salvatore sia potuto sopravvivere a quel crollo, lui ha spiegato che a salvarlo è stato Sant’Antonio a cui si affida nelle sue preghiere ogni giorno. La sua fede è incrollabile e lo sostiene, ne trova riscontro anche nelle persone che lo aiutano, le suore e i volontari delle mense e soprattutto Don Matteo della comunità di Sant’Egidio a trastevere. Quando parla di loro è l’unico momento in cui Salvatore sorride, con loro passa ogni anno il Natale a Santa Maria in Trastevere, l’unico momento veramente sereno di ogni anno che passa tra enormi difficoltà e sofferenza. Gli offro qualche euro e lui mi ringrazia benedicendomi, i suoi occhi risplendono della luce di Cristo e io guardandolo mi vergogno dei miei problemi piccoli, piccoli e ringrazio Dio di avermi fatto incontrare questo umile gigante solitario. Sono le persone come lui che ci fanno rendere conto di come la nostra vita sia piena di cose e problematiche vane, Salvatore molto più che della mia elemosina aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse, la sua solitudine lo porta spesso a parlare da solo, mentre mi dice questo è l’unico momento in cui il pianto gli si strozza in gola, la freddezza di tanta gente che avvicina lo attanaglia più del freddo della notte e il vuoto della solitudine più del vuoto allo stomaco. Quante cose avrebbe da testimoniare come maestro di fede e di vita questo “Povero Cristo” se solo qualcuno si fermasse cinque minuti ad ascoltarlo. La solitudine di Salvatore è quella di Gesù nel tabernacolo, entrambi ci aspettano ogni giorno dentro quella chiesa, soli e abbandonati.

06 ottobre 2009

Un master plan per la via Francigena

FIRENZE. La Regione Toscana vuole realizzare infrastrutture ad impatto ambientale zero lungo i 400 chilometri di via Francigena, l'antico sentiero di pellegrinaggio, e per questo ha elaborato un vero e proprio Master Plan, approvato nei giorni scorsi dalla Giunta regionale su iniziativa dell'assessorato al turismo, cultura e commercio.

L'operazione, se le parole hanno un senso, non è semplice dato che il Master Plan individua in parallelo e talvolta intersecato con quello a piedi, un percorso per le macchine da utilizzare al minimo come "by-pass". In ogni modo almeno in alcuni tratti all'impatto zero ci si potrà davvero avvicinare.

«Da tempo - ha dichiarato l'assessore al Turismo Paolo Cocchi - la Regione Toscana ha assunto come priorità cultural-turistica la valorizzazione di un itinerario che attraversa da nord a sud il suo territorio, toccando la Toscana più medievale, immerso in un paesaggio di straordinario fascino che niente ha da invidiare al più celebre Cammino di Santiago. Un itinerario che può veramente, per bellezza e capacità di evocazione, essere preso come paradigma del nuovo modo di viaggiare slow, facendo del viaggio - a piedi, a cavallo, in bici o anche in macchina - un viaggio interiore, un percorso dello spirito, religioso o laico che sia, che arricchisce la storia e l'esperienza personale».

Al piano stanno lavorando da due mesi Regione, province e comuni per definire entro il 30 settembre un quadro complessivo e cantierabile degli interventi necessari per poi trasferire ai comuni interessati i finanziamenti regionali per le realizzazioni. Tre milioni saranno destinati alla realizzazione di segnaletica, arredo urbano, restauri e messa in sicurezza dei percorsi, attrezzature delle aree di sosta e punti di informazione secondo le modalità e la scelta dei materiali prevista nel Master Plan, secondo le caratteristiche ambientali e storiche delle diverse zone della Toscana.

«In termini di sviluppo economico sostenibile - ha continuato Cocchi - la Francigena ha tutte le potenzialità per divenire un formidabile volano per il turismo. Per poter competere con l'omologo Cammino di Santiago, che vede transitare ogni anno centinaia di migliaia di pellegrini-turisti-escursionisti, è però necessario che il percorso sia ben segnalato, a partire dalla grande viabilità fino al percorso escursionistico, percorribile in sicurezza, attrezzato con punti di sosta, informazione e accoglienza e con strutture ricettive adatte ai pellegrini e ai turisti slow. Questi interventi di carattere generale daranno omogeneità al percorso». Il metodo di lavoro adottato dalla Regione, sarà proposto dalla Toscana, che è capofila del progetto interregionale "Via Francigena", anche alle altre Regioni che fanno parte del progetto per realizzare una Via Francigena italiana.